Sir Lancillotto
suonatore di fagotto
Sir
Lancillotto un giorno decise di suonare il fagotto.
Non fu una
decisione dettata dalla rima (è vero, re Arduino suonava il violino, donna
Edmonda suonava la ghironda) ma bensì dalla paura.
Si perché Lancillotto
aveva paura. Soprattutto di morire, che è un po’ come aver paura di vivere gli
disse una volta un eremita e quella frase era rimasta impressa come un orma sul
selciato della sua vita.
Attraversava
così le giornate con la spada al fianco, imbrigliato nell’armatura come dentro a
una prigione.
La decisione
di suonare il fagotto la prese di ritorno dal Castello di Gottaf, dove
addomesticavano i draghi a suon di fagotto.
Draghi che in
quell’epoca vivevano pieni di fuoco e d’ardore, e che Lancillotto temeva come
la morte stessa.
Che una spada
non bastasse a sconfiggere un drago lo aveva sempre fatto tremare e pregare di
non doverne mai incontrarne uno.
Ma arrivato al
Castello di Gottaf, avvolto da una soave musica, rimase meravigliato nel vedere
un drago gironzolare per il castello come un cagnolino.
Scoprì poi
che la musica era suonata da fagotti, strumenti musicali di legno lunghi come
una lancia e questo già gli piaceva, quando poi gli dissero che i fagotti erano
in grado di addomesticare i draghi lo assalì un senso di vertigine.
La
possibilità di poter sconfiggere i draghi nascose per un attimo l’orma
indelebile della sua più recondita paura e per un attimo sentì la possibilità
di divenire onnipotente.
Durante il
viaggio di ritorno alzò la visiera della sua prigione e libero dalla paura
pensava a come poter imparare a suonare il fagotto, a sconfiggere i draghi.
Ma non
conosceva nessuno in grado di insegnargli a suonare il fagotto e certamente non
avrebbe mai chiesto aiuto al re del Castello di Gottaf. Chiedere aiuto non è affare
da impavidi cavalieri, chiederlo poi ad un potenziale nemico è come ammettere
la propria sconfitta.
Arrivato a
poche miglia dal castello di re Artù alzò lo sguardo e vide la torre alta del
mastio che si stagliava fra le fronde del bosco.
“Merlino!”
esclamò pieno di speranza e al trotto raggiunse il castello.
Salì di corsa
le scale a chiocciola della torre di Merlino e con il fiato corto e la testa
chi gli girava bussò alla porta del laboratorio.
“Cosa
succede?!” si allarmò il mago, vedendo il più audace cavaliere della Tavola
Rotonda trafelato davanti alla sua porta.
Lancillotto
non rispose, il fiato non era più sufficiente per far vibrare le sue corde
vocali.
“Siediti” lo
fece accomodare Merlino e aspettò che il cuore di quel intrepido cavaliere
calmasse la sua corsa.
“Puoi
insegnarmi a suonare il fagotto?” riuscì a bisbigliare finalmente Lancillotto.
Quella
domanda Merlino non se l’aspettava proprio e colto di sorpresa ammutolì.
“Sai suonare
il fagotto? me lo poi insegnare?” ripeté il cavaliere, questa volta a voce
piena
“Torna
domani” rispose il mago
“Non torno
fin quassù se prima non mi dici se sei in grado di fare ciò che ti ho chiesto”
riprese forza
Lancillotto
“E va bene”
sospirò Merlino “anni fa ho incontrato il più grande mago che mai abbia
conosciuto. Se ne stava seduto nel suo giardino senza far nulla da mattina a
sera, parlava poco e sorrideva tanto”
“Uno scemo”
intervenne Lancillotto
“Tutt’altro,
anche se effettivamente a volte è facile scambiare un saggio per uno scemo.
Una volta al
mese suonava il fagotto e lo faceva con la maestria di chi passa le ore a
studiare. Rimasi con lui più che potei e quando me ne andai, dopo qualche mese,
avevo imparato la via del silenzio e quella
del suono”
Lancillotto,
che poco aveva capito di quel racconto di saggi scemi, di suoni silenziosi, di
fare e non fare, ripreso appieno il suo vigore di uomo di spada chiese
“Ma tu sai
suonare il fagotto? me lo puoi insegnare, si o no?”
Merlino
guardò fuori dalla finestra le nuvole dissolversi e sospirando come il vento
rispose
“Non sarà
facile”
“Si o no?” si
alzò Lancillotto che aveva bisogno di concretezza come il ferro della sua
spada.
“Si! per
tutti i cirri del cielo!” gridò ridendo il mago fuori dall’armatura del
cavaliere.
“Domani parto
per la guerra, al mio rientro inizieremo le lezioni” concluse Lancillotto e
imboccò la discesa a chiocciola, iniziando così a svitare la tensione che si
era creata salendo in cima alla torre.
“Perché vuoi
suonare il fagotto?” gridò Merlino dal suo laboratorio
“Voglio
sconfiggere i draghi della mia paura” rispose il cavaliere, ma la sua risposta
rimase attorcigliata alla scala.
Tornò dalla
guerra con la spada ancora calda e gli occhi spenti di chi ha raggelato l’anima.
Si presentò a
Merlino con lo sguardo ancora smarrito e il cuore, rimpicciolito dalla paura,
nascosto fra le pause del respiro.
“Iniziamo”
esordì una volta avvitato in cima alla torre
“Il fagotto è
uno strumento a fiato e con il respiro che ti ritrovi non è possibile iniziare”
“Cos’ha il
mio respiro che non va?”
“Ha paura”
“Non dire
sciocchezze mago, io arrivo dalla guerra dove la paura è scappata”
“Appunto e si
nasconde nel tuo respiro. Prenditi qualche giorno di riposo, vai sulla collina
a respirare il vento e poi ne riparleremo.”
Fu così che
il prode cavaliere si ritrovò come una sdolcinata donzella seduto in un prato fiorito a farsi
accarezzare dal vento, sperando che i suoi valorosi compagni d’armi non lo
vedessero.
Alla sera,
rientrando a castello dopo il tramonto, dovette ammettere a se stesso che
quella pausa tra i fiori e le farfalle in compagnia del vento lo aveva
inaspettatamente rinvigorito.
Si stupì quando
alla taverna ordinò una tisana al posto della solita acquavite
“Domani però
non ci torno” disse fra se e se mentre si ustionava ingurgitando in un solo
sorso la tisana prima che qualcuno lo vedesse.
Il giorno dopo
non salì sulla collina … si fermò a metà.
Ma la brezza
lo raggiunse, lo accarezzò senza vergogna e se ne andò lasciandolo solo ad
osservare il cielo, dove da dietro le nuvole intravide i raggi del suo cuore
riprendere coraggio.
Quando si
ripresentò da Merlino aveva gli occhi scaldati dal cuore.
“Possiamo
iniziare” sorrise il mago.
Lezione prima
“Ma dove
siamo andati a finire?” domandò Lancillotto ritrovandosi con gli stivali
immersi in uno stagno
“Il fagotto è
un complicato sistema che ha una sola funzione: trasformare una pernacchia in
un suono e la pernacchia la troviamo qui tra le canne di bambù”
Raccolse una
pianta e senza più fiatare la portò nel laboratorio dove la mise vicino al
fuoco del camino.
“E adesso?”
chiese impaziente Lancillotto
“E adesso
aspettiamo”
“Cosa?”
“Che il legno
perda il suo colore e si arrenda a vivere lontano dallo stagno”
Passarono le
stagioni e finalmente un giorno Merlino mandò a chiamare Lancillotto.
“E’ ora”
dichiarò il mago appena il cavaliere finì il suo girotondo sulla scala della
torre.
“Siedi” e
presa la canna di bambù iniziò la costruzione dell’ancia.
Misurò,
tagliò, sagomò, sgorbiò, legò, levigò, lisciò e alla fine si ritrovò con un
ancia fra le mani.
La mise fra
le labbra e soffiò. Una pernacchia si librò nell’aria facendo ridere il
cavaliere.
“Sei sicuro
che si fa così a suonare un fagotto?”
“Non
preoccuparti, prova tu ora” e passò l’ancia a Lancillotto
“No, mi
vergogno” si rifiutò questi
Merlino a
quelle parole lo guardò dritto negli occhi e disse “Ti assicuro che è molto più
vergognoso brandire una lancia che soffiare in un ancia. E adesso soffia”
La pernacchia
del cavaliere sembrava proprio venuta dal sedere e il guerriero riconsegnò il
diabolico aggeggio al mago.
“No non fa
per me”
“Va bene come
vuoi, le nostre lezioni allora terminano qui” rispose Merlino
Lancillotto
scese le scale della torre come se fosse l’ultima volta e sparì fra le nebbie
di Avalon.
Lezione seconda
Il giorno
dopo il cavaliere della Tavola Rotonda era di nuovo nel laboratorio del mago a
pregare di insegnarli l’arte di suonare il fagotto.
Iniziò così a
emettere lunghe pernacchie dall’ancia e a modificarne l’altezza e l’intensità.
Poi, inserita
l’ancia allo strumento, assistette al primo miracolo del fagotto: la pernacchia
che si trasforma in suono.
Nei mesi
seguenti Lancillotto trasferì la sua battaglia dalla lancia al fagotto.
Si impegnava
come in guerra e sudava come sotto l’armatura, ma Merlino non era mai
soddisfatto.
Passò un anno
e Merlino ancora scuoteva la testa nel sentire Lancillotto suonare il fagotto.
“Ma insomma
mago! perché non riesci ad insegnarmi a suonare?” sbottò un giorno dopo
l’ennesima insoddisfazione di Merlino
“Io ti ho
insegnato, ma tu non hai appreso” rispose il maestro
“Ho sudato
passando ore ad esercitarmi e tu non sei mai contento”
“Non sono io
a non essere contento, ma la musica che esce dal tuo strumento”
“Questa è una
tua opinione, io non sono d’accordo” rispose il cavaliere alzando il fagotto
come una spada
“Tra una
settimana ti esibirai davanti ai tuoi compagni d’armi e alle dame di corte”
disse Merlino
voltando la schiena a Lancillotto e dirigendosi verso il suo laboratorio.
Il cuore di
Lancillotto, in attesa di iniziare il concerto, sembrava impazzito dalla
tensione.
Mai avrebbe
immaginato di provare così tanta paura.
“E’
incredibile che un cavaliere come me, abituato a stare sul campo di battaglia,
abbia paura di fare quattro note” pensò ”mi sono proprio rovinato con
quest’idea di suonare”
Uscì col suo
fagotto impugnato come una lancia e iniziò la sua battaglia sul palcoscenico.
Non si rese conto
di come suonò, tutta la sua attenzione era rivolta ad arrivare in fondo senza
cadere e quando finì si sentì improvvisamente stanco.
I suoi
compagni d’armi e le dame accennarono ad un timido applauso e subito ripresero
le loro conversazioni come se non aspettassero altro.
“Tieniti il
tuo fagotto” disse a Merlino appena finito il concerto
“Questo
strumento fa più male di una lancia”
“Vedi,
Lancillotto, questo strumento con tanta docilità ha fatto uscire la tua più
segreta paura e tu non sei disposto ad accettarla. Preferisci combatterla con
la forza, nascosto dentro la tua armatura” gli disse il mago
“Cosa vai
blaterando mago! che ne sai tu di paure e di vittorie! qui stiamo parlando di
uno stupido strumento che è impossibile suonare e di figure di merda che si
possono benissimo evitare” e se ne andò ad ordinare una brocca d’acquavite e a
raccontar delle sue eroiche imprese alle dame, che giulive finalmente lo
ascoltavano.
Lezione terza
Il giorno
dopo, di ritorno da un sogno, Lancillotto prese la trottola che porta su al
laboratorio di Merlino
“E va bene, riproviamo”
disse appena arrivato
Merlino
sorrise e preso il fagotto lo consegnò al suo unico allievo.
“Devi voler
bene ai suoni che escono dallo strumento, devi proiettarli nel cielo e
dimenticarti che sei tu che stai suonando” iniziò il maestro
“Ma..” stava
per obbiettare Lancillotto
“Vai e fai
come ti dico” lo interruppe Merlino e riprese a lavorare su una nuova pozione.
Lancillotto
andò sulla collina e iniziò a suonare, cercando di mettere in pratica
l’insegnamento del maestro.
Era li ormai
da tempo quando ecco arrivare Ginevra.
“Sei bravo
Lancillotto, mi hai rapita con la tua musica” disse sorridendo
“continua ti
prego” e il cavaliere riprese il suo canto.
Merlino dalla
torre ascoltava estasiato quella musica che finalmente riusciva a risuonare nel
cielo ed in cima alla montagna un drago si posò quieto ad ascoltare.
La sera iniziò
a stendere le sue coperte sui prati in fondo alla valle e quando tutto fu
pronto spense l’ultima luce in cima ai monti.
Le stelle quella
notte arrivarono numerose, erano impazienti di riflettere la musica che quel
giorno era giunta sino a loro.
Le avventure di Lancillotto con il suo
fagotto continuano con
- Re Artù non
suona più
- Botto di
fagotto
in “racconti dentro il fagotto”
http://faifag.blogspot.it
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