C’era un re in oriente.
Aveva un tappeto volante ancorato al suolo con chiodi di garofano e un turbante dai riflessi di sabbia stellata del deserto.
Teneva diritti in fila tremila cammelli, allineava duemila dromedari e guardava con rassegnazione il volo disordinato di cento uccelli dai mille colori.
Quella notte era rimasto sulla terrazza, attratto dalla luce spavalda di una nuova stella, che sembrava avvolgere tutto il firmamento.
Seduto sul suo tappeto, alzava lo sguardo attonito, mentre il vento azzurro del mare, arrivato sino al suo castello e gli bagnava gli occhi, gli spettinava il cuore, oltre a salargli la pentola dei desideri.
E più osservava quella stella, più si confondeva e faticava a ricordare i confini del suo regno.
E iniziava a scordare il suo nome di re e improvvisamente si sentì come un minuscolo sassolino del deserto.
“Com’è che mi sento piccolo come se non fossi re?”
Chiamò il suo astrologo, che gli disse:
Nei vostri occhi brilla una strana stella: vi consiglio di seguirla”.
Partì a cavallo fra le gobbe del suo cammello, dondolandosi sull’altalena del deserto; piano, lento e avvolto nel silenzio.
Aveva radunato due file di cammelli, una montagna di provviste tra datteri, fichi secchi e noci di cocco.
Convocato cento sudditi, cinquanta ancelle, slegò trenta schiavi, poi altri venti, e poi tutti, perché improvvisamente cominciò a dargli fastidio vedere le galline libere di razzolare nel giardino con cani e porci, e quelle povere anime annerite da Dio legate come animali.
Partì col suo seguito, scortato da una fila di torce puntate verso la stella che gli aveva colpito il cuore. Quando le torce cominciarono a spegnersi il sole iniziò ad infiammarsi e li sorprese nel mezzo del deserto intenti a seguire una pista che non c’era, verso un luogo che non sapevano.
Ma lui, Baldassarre IV re di Nippur, seguiva la stella che aveva impressa nel cuore e riflessa negli occhi. L’avrebbe seguita sino ai confini del mondo, se necessario.
Camminarono per un mese, lasciando nella sabbia un solco così profondo che si vedeva anche dal cielo.
”Guarda, ha la stessa scia della cometa” notarono.
alcuni angeli, sbirciando fra le nuvole.
Voleva ridere, ridere con gli altri attorno al fuoco.
Di notte Baldassarre si sdraiava sul suo tappeto e nel silenzio del deserto stava ad ascoltare il rumore del mondo che gira. Guardava fisso le stelle e vedeva il mondo girare.
Respirare in quelle notti era come respirare la vita e le stelle cadenti gli finivano dritte nel cuore facendogli luccicare gli occhi.
“Baldassarre” – gli chiese un giorno un cammelliere- “dove stai andando?”
“Vado dove il mio cuore è felice; lontano dall’illusione”
E così, andando incontro al tempo trovarono un oasi incantata, piena di profumi e di colori, dove Baldassarre chiamò gli schiavi, li nutrì, li vestì.
e chiesto silenzio disse:
“Scusatemi, solo ora ho capito”
e si fece festa, mentre la stella guardava e sorrideva.
Durante la notte arrivarono in un paesino illuminati a giorno dalla stella.
La stella! finalmente era lì, davanti ai suoi occhi, a stordire i pensieri che incapaci di mettersi in fila, si rintanavano dove sono solo fili attorcigliati.
Baldassarre rivide in pochi attimi la sua vita scorrere veloce davanti a sé, e ne uscì bagnato, ma pulito, con una mappa precisa da consultare per viaggiare nelle regioni future, verso la vetta della sua anima.
Con un passo nuovo si avvicinò ad una capanna che ospitava un bambino nato da poco, vi entrò...
La Luce della stella l’intera esistenza celebrava. Ed il respiro che entra e che esce, e il sangue che scorre nelle vene, ed il cuore che batte – e tutto ciò succedeva, semplicemente accadeva.
Baldassarre non fece niente ed in questo non-fare s’Illuminò
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