Viaggi fantastici, itinerari fantasiosi per bambini di ogni età, dentro e fuori dal fagotto
martedì 30 maggio 2017
lunedì 22 maggio 2017
SCHERZO MUSICALE
Quella settimana l’orchestra dei Serafini aveva in
programma un concerto dal titolo “Musica Oggi”.
Era la prima volta che l’orchestra si trovava sul leggio
uno spartito di musica contemporanea.
Dopo aver guardato la parte come se fosse un papiro
egiziano, il primo oboe disse:
“Ma nessuno ha spiegato a questi compositori moderni come
si scrive la musica?”
Il secondo corno, che non aveva nemmeno aperto lo
spartito preso com’era a discutere di politica con il sindacalista
dell’orchestra, rispose. “ I soliti raccomandati, di musica non capiscono un
cazzo ma sono appoggiati politicamente”
Il direttore, armato di una considerevole dose di
pazienza, alle 10 in punto salì sul podio.
Davanti a lui un’orchestra che lo osservava come un
marziano, con gli occhi imploranti che chiedevano pietà. Dopo aver annusato
l’aria che odorava immancabilmente di escremento di cane, accese il motore dell’orchestra con il
la del primo oboe e inserita la Marcia iniziale del brano in questione cominciò
a guidare.
Fece pochi metri, perché l’orchestra si era già fermata,
come se il motore si fosse ingolfato.
Il primo fagotto sussurrò al collega “La musica
contemporanea è come la merda, la sopporta solo chi la fa”
La prova proseguì a fatica, l’orchestra di spegneva
continuamente.
“Non teniamo nemmeno il minimo” disse sconsolato un
giovane “aggiunto” tra i secondi violini.
Finita la prova il direttore, affaticato come se avesse
dovuto spingere un camion in panne, non riusciva più a trovare il suo camerino e
vagava come un profugo.
Lo salvò Kamal, un marocchino addetto alle pulizie.
Lo scortò con spazzolone e secchio sino alla porta del
camerino con scritto “M° Chantilly”.
Approdato, si distese sulla poltrona cercando di
riprendere le forze prima del prossimo round.
Ma l’orchestra era refrattaria a quella musica così
diversa da eseguire, da sentire, da capire e da immaginare. Violini che gridano
aiuto mentre affogano con l’archetto che sfrega oltre il ponticello.
Violoncelli diventati tamburi, viole costrette a fiorire, contrabbassi chiamati
a suonare come violini.
Tant’è che il povero Carmine, di un metro e una
bestemmia, cadde dal contrabbasso mentre cercava di raggiungere con la mano le
note ai bordi della tastiera. Clarinetti che emettono suoni da interferenze
radio, fagotti e oboi privati di ancia che soffiano a vuoto come in un
copertone bucato e flauti che frullano
come tacchini in amore.
I percussionisti sommersi da grancasse, campane tubolari,
lastre di metallo, martelli ed ogni sorta di batteria sembrano commessi di un negozio di
ferramenta.
Dopo tre giorni di prova, l’orchestra era allo sbando.
I violinisti soffiavano impazziti per cercare di eseguire
i “flautati” , oboi e fagotti si
imbottivano di pasticche di “Moment” per cercare di placare il mal di testa a furia di soffiare nel vuoto.
I trombonisti avevano iniziato ad assumere “Viagra”,
erano così spossati nel cercare di
emetter suoni “a tutta forza” che la
coulisse non gli tirava più.
I cornisti, pieni di afte ulcerose a furia di suonare
come trombe, avevano il labbro gonfio come cacciatori africani e le trombe
avevano cominciato a mischiare alle infinite sordine che contornavano la loro
postazione, bottigliette di Whisky e di grappa.
Il direttore, a furia di sbracciarsi per dirigere
l’ingorgo di traffico a quell’incrocio maledetto, aveva dovuto fasciarsi la
spalla destra e prendere dell“Aulin” come anti-infiammatorio.
La farmacia vicino al teatro faceva affari e quando il
farmacista chiese cosa stava succedendo in orchestra gli risposero che il virus
della musica contemporanea aveva intaccato l’intera orchestra.
“Domani mando mio
cognato” disse il primo fagotto
“Ma non è un ragioniere?”
“Si, ma per suonare senza ancia non c’è bisogno di essere
un fagottista”
“Ma se il direttore se ne accorge?”
“Non schioda gli occhi dalla partitura, cosa vuoi che se
ne accorga”
E il giorno seguente il ragioniere in ferie prese il
posto del primo fagotto e guardando lo spartito fu l’unico, sino ad allora, a
capire le suddivisioni di quel ritmo da ragioniere.
Alla prova generale arrivò il compositore.
Niente capelli lunghi spettinati, né foulard, né vestiti
eccentrici.
Avrebbe potuto essere un commerciante, un commercialista,
un impiegato.
Si sedette in terza fila con la partitura aperta, pronta
per essere sfogliata.
L’orchestra iniziò e il compositore prese a sfogliare la
partitura, ma dopo poche battute cominciò ad andare avanti e indietro tra le
pagine per cercare di capire dove era finita l’orchestra.
Ad un certo punto andò a leggere la copertina per vedere
se per caso non avesse sbagliato a prendere la partitura.
No, era quella
giusta.
Rinunciò a scovare dove si era ficcata l’orchestra tra le
battute della partitura e chiusi gli occhi si mise ad ascoltare.
Dopo cinque secondi riaprì gli occhi.
Non riusciva a tenerli chiusi, un senso di nausea lo
assaliva ogni volta che ci provava e si ripromise di passare nella farmacia che
aveva visto vicino al teatro per comprare un “Maalox”
Alla fine dell’esecuzione il tanfo d’escremento di cane che impregnava la sala prove gli fece
pensare
“Che orchestra di merda!”
Il direttore si voltò verso di lui con l’aria di chi l’ha
combinata grossa
“Beh, diciamo che non è proprio quello che avevo in
mente” disse il compositore andando verso l’orchestra
“Si, anch’io non so mai che suono avrà la mia scoreggia
prima di sentirla” sussurrò ai colleghi il secondo oboe
“Nella sezione centrale, quella seduta, ci vuole più
intensità nei flautati dei violini” continuò l’autore
“Hai capito?” sussurrò il primo violini al compagno di
leggio
“devi sederti e flautare con più intensità”
“Ma posso sporcarmi!”
“E’ un rischio che devi correre, ti pagano no!”
“Vai a cagare”
“Appunto”
“Comunque nel complesso non male” tagliò corto il
compositore e se ne andò con la partitura fra le gambe.
La prima esecuzione era prevista in un teatro in
periferia.
Quando le porte del pullman si aprirono un fiume
d’orchestrali si diresse verso l’unico bar del paese.
Tra caffè, bianchini, cappuccini, toast, panini
prosciutto cotto e formaggio, l’atmosfera era rilassata e gioviale, come una
scampagnata tra amici.
Il teatro, datato anni cinquanta, sapeva di chiuso e di
polvere. Quei pochi camerini avevano lo specchio con le luci che non
funzionavano e l’unica toilette era proprio a ridosso del palco.
Il concerto ebbe
inizio con la sala semideserta.
L’accozzaglia di suoni che scaturì dall’orchestra fece
svegliare il pubblico che preso alla sprovvista cominciò ad agitarsi.
“Ma stanno scherzando?” chiese il commendatore alla
signora
“Ma ci stanno prendendo per il culo” disse l’ingegnere
all’avvocato
“Non starò un minuto di più a sentire questo scempio”
decise il signor Panizzola, proprietario della ditta “Panni e attaccapanni”
Con le mani giunte il parroco abbozzava un sorriso di
compassione e intanto l’orchestra proseguiva come un furgone in salita, facendo
sobbalzare i poveri ascoltatori.
Appostato nell’unico bagno a ridosso del palco, Carmine,
il contrabbassista che non suonava per un dito fasciato a causa della caduta
avuta alle prove, aspettava il momento giusto con grande concentrazione. Ancora
qualche scossone ed ecco arrivare il momento tanto atteso.
L’unico momento di silenzio della composizione.
Aperta la porta del bagno tirò lo sciacquone e lo
scroscio inondò il silenzio riempiendo la platea.
Uno scoppio di risa riempì il teatro.
“Fantastico!!” riuscì a balbettare tra gli spasmi il
commendatore e preso dall’entusiasmo iniziò ad applaudire trascinando con sé
tutto il pubblico, che piangendo dal ridere si alzò in piedi decretando cos’ì
il successo di una composizione i cui intenti drammatici furono spazzati via
dallo sciacquone di un cesso di teatro di periferia.
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