Tra i mulinelli del vento le
foglie danzavano alzando le loro gonne brune, trafugate nell’armadio
dell’autunno. Volteggiavano festose nella piazza vuota sotto lo
sguardo tenue dei primi raggi del sole, che spiava da dietro le
montagne.
Gertrude
le osservava estasiata, seduta nel suo nido di rami rossi come una
poltrona in prima fila. Amava la danza, e la scovava in tutto ciò
che si muoveva con grazia: negli steli d’erba che si piegavano alla
brezza, nei rami che molleggiavano nell’aria dopo che gli uccelli
li avevano lasciati per spiccare il volo. Nel pasodoble delle
lucertole in amore, nelle giravolte del falco e nei semi dell’acero,
che si avvitavano veloci nel muro del cielo. L’ammirava quando era
ferma in un girotondo di petali sulle gambe dei fiori o nei passi
delle nuvole modellate dal vento.
Quando
il giorno spegneva la musica sulla sua pista da ballo, Gertrude si
preparava a danzare. Si metteva il suo tutù rosa e si addormentava
in attesa del sogno che la portava al ballo del principe, dove non
bastavano tutte le sale del castello per farle eseguire i passi di
danza che le sue gambe conoscevano. Durante la veglia non osava
ballare, poiché credeva che la danza fosse bellezza, mentre lei era
brutta e sgraziata come uno sgambetto.
La
mazurca che covava nel nido era chiusa in un guscio di paura e come
un sasso nel fiume Gertrude lasciava che la vita le scorresse intorno
senza riuscire ad abbandonarsi. Poi un giorno, col calore della sua
passione l’uovo si schiuse, lasciando libera la sua mazurca che si
mise a volare per tutto il bosco.
I
ballerini, sparsi nelle sale da ballo del bosco, con balzi e
rimbalzi, arrivarono davanti al suo nido per invitarla a danzare.
Gertrude, davanti a tanto entusiasmo, indossò il suo tutù rosa e
finalmente concesse alla vita il suo ballo.
Il
principe dei sogni, dal suo castello fra le nuvole, salì sulla torre
più alta e sorridendo allungò un raggio si sole che si unì alla
festa danzando in un vortice di polvere.
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