Le porcellane, ordinate nella
cristalleria, addobbano il pomeriggio con la loro elegante fragilità.
Aspettano imbambolate il tè delle cinque.
Sorsi
di bollenti pettegolezzi. Silenzi interrotti dal tocco pulito dei
cucchiaini abbandonati lungo il ciglio dei piattini.
Zollette
di moine sciolte in discorsi annacquati.
Protette
dalla loro delicata consistenza col vetro della falsità, disegnano
fantasie fiorite, riempiendo di vuoto le tazze decorate.
Un
leggero fremito improvvisamente rompe l’incanto e il servizio da tè
inizia a trillare. Campanelli d’allarme, fra le pile dei piattini,
segnalano il pericolo.
Aumenta
il tremore, accompagnato da un tuono lontano.
Rimbomba
il suono secco degli zoccoli della fatalità.
Cadono
le tazze, rovesciando litri di chiacchiere sul tappeto del nulla.
Il
bisonte dell’impermanenza irrompe nel soggiorno mandando in
frantumi la cristalleria. Fra il polverone di quel disastro, nel
silenzio di cocci rotti, s’intravede lo sguardo mite dell’animale
che guarda oltre.
Guidato
dall’istinto proseguirà, sino alla prossima fermata, sulla pista
verso casa.
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