“Les jeux sont faits, rien ne va plus”.
La pallina girava e Umberto Bozza la osservava saltellare sulla ruota
della roulette.
Sentiva il cuore battere il ritmo frenetico di una danza, su cui la paura
e la speranza volteggiavano.
“Vingt-huit noir” declamò il croupier.
Umberto sorrise, mentre la musica di una radio risuonava nel casinò.
Umberto Bozza, musicista italiano, si guadagnava da vivere giocando nei
casinò francesi lungo la costa mediterranea.
A casa lo aspettava, con il violino in mano, il figlio Eugène.
Quel bimbo coi suoi cinque anni si portava addosso venti chili
d’entusiasmo per la musica.
Al padre, che gli insegnava a suonare, sembrava di stare davanti a un
numero vincente. Eugène mostrava talento e sembrava instancabile con quel suo
violino.
La guerra arrivò con tutte le sue stonature e i Bozza si trasferirono
da Nizza a Roma. Era il 1915 e Eugène aveva dieci anni.
Il padre lo iscrisse all’Accademia nazionale di Santa Cecilia, dove
studiò per sette anni. Tornati in Francia, nel 1922, si iscrisse al
Conservatorio di Parigi e a vent’anni entrò a far parte dell’Orchestra
Pasdeloup, la più antica orchestra sinfonica francese.
Eugène Bozza, nato a Nizza nel 1905, non deludendo le aspettative del
padre, si rivela un talento.
Ma, come confida la moglie, è perseguitato dalla paura del
palcoscenico.
Diventa direttore d’orchestra ed è assunto ai Ballets Russes di
Montecarlo, ma vi rimane solo un anno. Nel 1932 torna al Conservatorio di
Parigi per studiare composizione con Henri Büsser. Diventerà un prolifico
compositore, vincerà il Prix de Rome, dirigerà l’Operà Comique e l’Ecole
National de Musique a Valenciennes dove scriverà almeno 18 raccolte di studi,
tra cui i “Douze Caprices pour basson”.
Verrà nominato nel 1956 Cavaliere della Légion d’Honneur.
Mentre la radio belga trasmette lo “Scherzo” per quintetto a fiati di
Eugène Bozza su richiesta di un ascoltatore, la pallina di Eugène Bozza si
ferma, a mezzanotte in punto, sulla roulette della vita.
“Vingt-huit noir”.
Era il 28 settembre del 1991.
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