L’orchestra era già posizionata e i suoni riempivano la sala cinematografica, dove di lì a poco si sarebbe proiettato il nuovo cortometraggio appena arrivato dall’America:” Ramona” di Griffith. Siamo a San Paolo in Brasile nel 1910.
I suoni si dispersero nel silenzio e il direttore prese posto.
Era un ragazzo di tredici anni, figlio di un flautista italiano immigrato in Brasile nel 1896; il suo nome era Francisco Paulo Mignone, ma tutti lo chiamavano Chico Bororò.
Nato a San Paolo nel 1897, si era presto fatto notare per il suo talento musicale. Teneva concerti al pianoforte e dirigeva la sua orchestra per accompagnare la proiezione dei film che a quell’epoca erano muti.
Chico Bororò, con il suo cappellino e i pantaloncini corti, riuscirà a fare della sua vita un film sonoro, ricco di musica. Si diplomerà nel 1913 al Conservatorio di San Paolo e dopo aver vinto una borsa di studio si recherà in Italia.
Amilcare Ponchielli era morto da poco e a sostituirlo come insegnante di composizione al Conservatorio “G.Verdi” di Milano venne chiamato, da Parigi, Vincenzo Emidio Carmine Ferroni allievo di Massenet.
Tra i suoi allievi: Gavazzeni, Vittadini, Pozzoli e il “Chico Bororò” Francisco Mignone, che nel 1920 otterrà un secondo diploma.
Ha inizio così la sua strepitosa carriera, che lo porterà a vincere prestigiosi premi, a dirigere i Berliner Philarmoniker, sino ad essere considerato uno dei più significativi compositori brasiliani dopo Hector Villa-Lobos.
Nel 1979 il professor Irany Leme organizza una serie di sei concerti sul tema del valzer. Poiché il valzer sembrava non ballare nel repertorio per fagotto solo, Leme chiese a Mignone di porre fine a quella mancanza. Francisco Mignone, che aveva già composto per il suo amico Noël Devos una sonata, una sonatina , un concertino, un concerto, due duetti, un trio e alcuni quartetti per fagotto, non perse l’occasione di comporre nel 1981, in pochi mesi, sedici valzer.
Quello che vi propongo è la “ Valsa improvisada” un brano che parte dal registro grave per poi raggiungere la tessitura tenorile, dove il canto si spiega in un valzer nostalgico per poi ritornare da dove era partito, nel timbro scuro e profondo del fagotto.
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