venerdì 6 ottobre 2023

G.Verdi ATTILA Cavatina: Ella in poter del barbaro per fagotto solo ridu...


Composta durante quello che lo stesso Verdi ha definito “anni di galera”, nei quali scrisse un’opera all’anno per quasi dieci anni (1843-1850) Attila esordì alla Fenice di Venezia il 17 marzo 1846.

Nella Cavatina del tenore, Foresto compiange la moglie Odabella nella mani di Attila invasore di Aquileia e giura di ritrovarla. Ho adattato l’aria per far cantare uno degli strumento che Verdi ha sempre apprezzato, il fagotto.

A tal proposito riporto alcuni estratti da “La scrittura fagottistica di Giuseppe Verdi: un’analisi diacronica e il caso del Capriccio per fagotto e orchestra” di Eugenio Poli, 

 

“E’ stato tramandato che Verdi avesse appreso a Busseto a suonare il fagotto ma non ci sono prove a sostegno di questa tesi che rimane un affascinante dato tra mito e realtà.”

“Orselli affermò che fu Verdi, con le proprie opere, ad alzare il livello di scrittura delle parti per fagotto a quella degli altri legni, facendo in modo che la concezione del fagotto diventasse pari e degna equamente a quella di oboe, clarinetto e flauto. E’ grazie a Verdi che il fagotto si affranca da quella concezione legata al Settecento e ad un trattamento dello strumento legato  agli archi bassi e al sostegno melodico e assume una valenza melodica e indipendente a tutto tondo. Inoltre, Orselli, osserva come nelle composizioni Verdiane il fagotto diventa e riceve un trattamento pari a quello di una voce umana. In effetti, sono moltissimi i passaggi nelle opere di Verdi in cui si osservano passaggi vocali di voci o del coro raddoppiate dal fagotto. Questo commento di uno dei più grandi fagottisti dell’Ottocento ci fa capire il ruolo e l’importanza che ebbe Verdi nella concezione delle parti e nel trattamento del fagotto.”


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