L’aggettivo fantastico, usato da Romani per i suoi “Dieci capricci” per fagotto solo, diventa per me un’iperbole. Sì, li trovo fantastici! Il loro carattere, sotto certi aspetti imprevedibile, li rende piacevolmente interessanti da frequentare. Lo strumentista si trova ad affrontare giocosi e spesso ardui passaggi tecnici e momenti di lirismo, muovendosi su un solido terreno di ritmi oscillanti. Come spesso accade nelle opere di Sergio Romani il percorso musicale fa brevi incursioni in territori non propriamente “classici” rendendo l’itinerario accattivante e provocatoriamente destabilizzante.
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