Il silenzio è bianco; come la pace.
Quella notte aveva nevicato e la lana del
cielo aveva nascosto le mie pecore.
“Lassù deve essere estate perché stanno
buttando via la lana” pensai “ma non capisco perché è fredda”
Non bisogna farsi troppe domande diceva mio
nonno e nell’aria rimaneva il profumo delle sue parole tra gli sbuffi della
pipa.
Ho aperto la porta con gli occhi ancora
gonfi di sonno e le ciglia incrostate di sogni.
Accecato dalla neve ho creduto che Dio
avesse cancellato tutto. Ma poi ho visto il punto nero del mio cane e il foglio
bianco della vita riempirsi al suo abbaiare.
Quando non ho visto le mie pecore per un
attimo sono stato felice; felice all’idea di essere libero di starmene chiuso
in casa davanti al camino a pensare;
a pensare a niente.
Il sogno di quella notte aveva lasciato ben
chiare le impronte sulla neve del mattino, avevo paura di morire e trovarmi
davanti a un Santo con gli occhi come stelle e il sorriso come il sole che mi
chiede: “Allora?” perché se non lo sa lui vuol dire che dovevo saperlo io. Ma
sono stato felice solo il tempo
necessario per accorgermi che non lo ero. La neve aveva nascosto una
parte della mia vita e al pensiero di non ritrovarla, un brivido scosse il piedestallo
dove appoggio uno sopra l’altro gli anni che ho già passato.
Io non so come mi chiamo, tutti mi chiamano
“L’amico di Zaccaria”.
Ho perso il nome per sbaglio, mentre
cercavo di cancellare il ricordo di mia madre, perché ogni volta che aprivo un
armadio della mente ne usciva, tra i fazzoletti il suo profumo, la sua bontà
dal barattolo del miele e la sua
dolcezza dai ricami della mensola.
Avevo solo sette anni e non sapevo ancora
come si fa a dimenticare, così ho finito per scordare anche il mio nome.
Me se ora riesco a ricordarmi queste cose,
senza che il maltempo della vita mi sconquassi il cuore e mi bagni gli occhi, è
perché quella mattina soffiava un vento capace di entrarti nell’anima e
togliervi la polvere.
Ho seguito il mio cane su per la collina
correndo con la stessa fatica che si fa nei sogni. Ma il gelo mi pizzicava le
guance, sentivo forte il tamburo del mio cuore e vedevo i segnali di fumo che
dalla bocca mi uscivano per avvisarmi che ero vivo.
Ho cercato le mie pecore faticosamente per lungo tempo, ma non è
servito a nulla, se non per respirare quell’aria stranamente luminosa e
assistere ad un volo d’angeli.
Seguivano la linea rossa dell’orizzonte
infuocato dall’alba e cantavano.
Sarà stato quel canto, la scia blu dei loro
occhi o il loro sorriso che svita il bullone della sofferenza, ma è stato come
aprire gli occhi per la prima volta.
Ho sentito sciogliersi dentro di me il
gelato alla fragola dei mie desideri, ho udito il tonfo dei sassi che
nascondevo nel cuore, ed eccomi lì; con la bocca aperta a respirar scintille di
luce divina senza ricordare chi ero.
Senza ricordarmi che il giorno prima avevo
scavato nell’orto una buca per nascondere il mio denaro, credendo così di
piantare una radice capace di ancorarmi al mondo e pensando di aver raggiunto
una casella importante al giro dell’oca della vita.
Senza ricordare che avevo smarrito le
pecore.
Non ricordavo dove tenevo la marmellata di
castagne, dove avevo appoggiato il piffero magico delle mie canzoni. Non
ricordavo più la differenza tra la neve e le mie pecore, cosa andavo cercando e
perché. Ero felice di non accorgermi di me.
Ero riuscito, grazie al vento della corsa
degli angeli, a togliere dalla mia testa il punto in cui la trottola del mondo
pensavo girasse e mi sono reso conto così che alla mattina quando aprivo gli
occhi in realtà li chiudevo. Creavo il mio sogno e utilizzavo tutto per cercare
di renderlo più tranquillo, meno difficile da immaginare.
Da allora, alla fine della giornata, mi
domando se sono riuscito ad ascoltare il canto degli uccellini, la recita del
fiume, se ho guardato i disegni delle
nuvole e salutato il vento che le spinge o le lascia galleggiare sino al
tramonto, se ho scambiato un sorriso col sole , apprezzato il colore di un
fiore ed il suo profumo.
Io non so come mi chiamo … e questo
comincia a piacermi sempre di più, come l’idea di diventare una scia luminosa
lungo la linea rossa dell’orizzonte infuocato dall’alba.
Che bello! come tutto quello che si trova in questo magnifico bolg! bravo!!
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