Prese dodici note, seguendo i principi della musica dodecafonica, ho ideato una serie. Delle dodici note, sei vengono affidate al violoncello (I metà-serie) e sei al fagotto (II metà-serie), dalle quali ho realizzato delle mutazioni (retrogrado, inversione). La parte melodica si sviluppa in un cerchio suddiviso specularmente in spicchi di tempo sempre più lunghi, partendo da 1/16 sino a 4/4. I due strumenti si muovono lungo i punti estremi di un ipotetico diametro che gira in senso antiorario. Questo è il mezzo che ho utilizzato per raggiungere un “fine”, in giapponese “Hoben”, termine che dà il titolo a questo mio brano, scritto nel 1983.
“Hoben” è un espediente o un mezzo temporaneo, per conseguire un fine a livello spirituale. Così come il passo che il mistico di volta in volta sceglie per camminare verso la Meta, questo breve brano, che ruota attorno al tempo, cerca il punto di sospensione da ogni riferimento temporale. A ventun anni, quando l’ho composto, non potevo immaginare che lo avrei eseguito e registrato dopo 38 anni con mio figlio. Rimasto per tutti questi anni appeso da qualche parte nel silenzio, eccolo suonare, per chi vorrà ascoltarlo, dai nostri strumenti.
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