Mieczyslaw Wienberg (1919-1996) è stato considerato il terzo grande compositore sovietico insieme a Prokofiev e Shostakovic .
La sua vita non è stata facile. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, in quanto ebreo, riesce a fuggire dalla Polonia in Unione Sovietica, ma i suoi genitori e la sorella minore vengono internati nel ghetto di Lodz e poi uccisi nel campo di concentramento di Trawniki.
Evacuato dalla Russia a Tashkent (Uzbekistan) incontra Shostakovic che rimane colpito dal suo talento e diviene un suo caro amico, su consiglio del quale torna a Mosca nel 1943, dove compone circa trenta opere sino al 1948. Molte delle sue opere vengono bandite durante la Zhdanovshchina del ’48 (dottrina culturale sovietica in cui gli artisti dovevano conformarsi alla linea del partito nelle loro opere creative).
Per questo motivo le sue composizioni furono quasi del tutto ignorate dall’establishment musicale sovietico. Riuscì a sopravvivere scrivendo per il teatro e il circo.
Nel 1948 il suocero fu assassinato su ordine di Stalin e nel 1953 Weinberg fu arrestato con l’accusa di
“nazionalismo borghese ebraico”. Fu ufficialmente riabilitato dopo pochi mesi, alla morte di Stalin.
Muore a Mosca il 26 febbraio 1996 dopo tre anni di malattia che lo costrinsero a casa, ma nei quali continuò a comporre.
Ci lascia ventidue sinfonie, diciassette quartetti, sette opere, numerose composizioni strumentali, quaranta colonne sonore e questa dichiarazione che ho tratto da un’intervista:
“Dopotutto essere compositore non è una festa gioviale, è una conversazione eterna, un’eterna ricerca dell’armonia tra le persone e la natura. Questa ricerca è il senso e il dovere del nostro breve passaggio attraverso la vita sulla terra”.
La Sonata per fagotto solo op.133 del 1981 è dedicata al grande fagottista russo Valery Popov .
Un opera di ampio respiro, composta da quattro tempi che, mettendo alla prova l’esecutore, vi accompagna in un viaggio di venti minuti fra l’emozioni che le possibilità espressive del fagotto possono regalare.
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