Aveva dieci anni quando la mamma una sera tornò a casa con un bandoneón comprato a rate. “Ed ora dacci dentro!” gli disse senza troppe smancerie e messasi il grembiule andò a preparare la cena. E lui, Aníbal Carmelo Troilo, cominciò a tirare fuori, con il mantice della passione, tutta la musica che gli turbinava fra la testa e il cuore. Il giorno prima aveva scagliato un pallone dentro ad un Cafè del suo quartiere e nell’andare a riprenderlo la sua corsa venne fermata da un suono magico proveniente dal locale. Era un greco che suonava un bandoneón. Pichuco, questo era il soprannome datogli dal padre morto due anni prima, rimase ad ascoltarlo incantato. Fu così che Pichuco incontrò il bandoneón e il bandoneón incontrò Pichuco. Il giorno dopo Aníbal convinse la madre a comprare il bandoneón da cui non si separerà più per tutta la sua carriera. Il suo maestro dopo sei mesi di lezioni gli disse “Non so più cosa insegnarti. Vai e vola!” e lo lasciò andare come un uccello impaziente di girare nel cielo della musica. A undici anni il suo primo concerto e poi iniziò a riempire l’aria di Buenos Aires con la sua musica. "El Bandoneón Mayor de Buenos Aires", così lo chiamavano, formò quintetti, sestetti, diresse orchestre e suonò insieme ai più grandi musicisti argentini del suo tempo. Nel 1970 registrò alcuni duetti con Astor Piazzolla ("El motivo" e "Volver"), realizzando un totale di 485 registrazioni conosciute. Il bandoneón ricevuto da bambino lo accompagnò sino a quando sua moglie Zita non gliene regalò un altro “capace di esprimere il nostro amore” gli disse con mille moine e messasi la vestaglia lo aspettò a letto. Nel letto dell’ospedale il 18 maggio del 1975 lo aspettò invece la morte, arrivata a passo di tango. Pichuco chiuse gli occhi, come faceva quando suonava, e tirò per l’ultima volta il mantice del suo cuore. Ed ora ecco, in duo con Caterina, l’esecuzione della sua Trampera, arrangiata da A.Cicero per due fagotti. La registrazione live è stata fatta nell’aula durante l’ora di lezione.
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