martedì 12 febbraio 2013


Sir Lancillotto
 suonatore di fagotto


Sir Lancillotto un giorno decise di suonare il fagotto.
Non fu una decisione dettata dalla rima (è vero, re Arduino suonava il violino, donna Edmonda suonava la ghironda) ma bensì dalla paura.
Si perché Lancillotto aveva paura. Soprattutto di morire, che è un po’ come aver paura di vivere gli disse una volta un eremita e quella frase era rimasta impressa come un orma sul selciato della sua vita.
Attraversava così le giornate con la spada al fianco, imbrigliato nell’armatura come dentro a una prigione.
La decisione di suonare il fagotto la prese di ritorno dal Castello di Gottaf, dove addomesticavano i draghi a suon di fagotto.
Draghi che in quell’epoca vivevano pieni di fuoco e d’ardore, e che Lancillotto temeva come la morte stessa.
Che una spada non bastasse a sconfiggere un drago lo aveva sempre fatto tremare e pregare di non doverne mai incontrarne uno.
Ma arrivato al Castello di Gottaf, avvolto da una soave musica, rimase meravigliato nel vedere un drago gironzolare per il castello come un cagnolino.
Scoprì poi che la musica era suonata da fagotti, strumenti musicali di legno lunghi come una lancia e questo già gli piaceva, quando poi gli dissero che i fagotti erano in grado di addomesticare i draghi lo assalì un senso di vertigine.
La possibilità di poter sconfiggere i draghi nascose per un attimo l’orma indelebile della sua più recondita paura e per un attimo sentì la possibilità di divenire onnipotente.
Durante il viaggio di ritorno alzò la visiera della sua prigione e libero dalla paura pensava a come poter imparare a suonare il fagotto, a sconfiggere i draghi.
Ma non conosceva nessuno in grado di insegnargli a suonare il fagotto e certamente non avrebbe mai chiesto aiuto al re del Castello di Gottaf. Chiedere aiuto non è affare da impavidi cavalieri, chiederlo poi ad un potenziale nemico è come ammettere la propria sconfitta.
Arrivato a poche miglia dal castello di re Artù alzò lo sguardo e vide la torre alta del mastio che si stagliava fra le fronde del bosco.
“Merlino!” esclamò pieno di speranza e al trotto raggiunse il castello.
Salì di corsa le scale a chiocciola della torre di Merlino e con il fiato corto e la testa chi gli girava bussò alla porta del laboratorio.
“Cosa succede?!” si allarmò il mago, vedendo il più audace cavaliere della Tavola Rotonda trafelato davanti alla sua porta.
Lancillotto non rispose, il fiato non era più sufficiente per far vibrare le sue corde vocali.
“Siediti” lo fece accomodare Merlino e aspettò che il cuore di quel intrepido cavaliere calmasse la sua corsa.
“Puoi insegnarmi a suonare il fagotto?” riuscì a bisbigliare finalmente Lancillotto.
Quella domanda Merlino non se l’aspettava proprio e colto di sorpresa ammutolì.
“Sai suonare il fagotto? me lo poi insegnare?” ripeté il cavaliere, questa volta a voce piena
“Torna domani” rispose il mago
“Non torno fin quassù se prima non mi dici se sei in grado di fare ciò che ti ho chiesto”
riprese forza Lancillotto
“E va bene” sospirò Merlino “anni fa ho incontrato il più grande mago che mai abbia conosciuto. Se ne stava seduto nel suo giardino senza far nulla da mattina a sera, parlava poco e sorrideva tanto”
“Uno scemo” intervenne Lancillotto
“Tutt’altro, anche se effettivamente a volte è facile scambiare un saggio per uno scemo.
Una volta al mese suonava il fagotto e lo faceva con la maestria di chi passa le ore a studiare. Rimasi con lui più che potei e quando me ne andai, dopo qualche mese,
 avevo imparato la via del silenzio e quella del suono”
Lancillotto, che poco aveva capito di quel racconto di saggi scemi, di suoni silenziosi, di fare e non fare, ripreso appieno il suo vigore di uomo di spada chiese
“Ma tu sai suonare il fagotto? me lo puoi insegnare, si o no?”
Merlino guardò fuori dalla finestra le nuvole dissolversi e sospirando come il vento rispose
“Non sarà facile”
“Si o no?” si alzò Lancillotto che aveva bisogno di concretezza come il ferro della sua spada.
“Si! per tutti i cirri del cielo!” gridò ridendo il mago fuori dall’armatura del cavaliere.
“Domani parto per la guerra, al mio rientro inizieremo le lezioni” concluse Lancillotto e imboccò la discesa a chiocciola, iniziando così a svitare la tensione che si era creata salendo in cima alla torre.
“Perché vuoi suonare il fagotto?” gridò Merlino dal suo laboratorio
“Voglio sconfiggere i draghi della mia paura” rispose il cavaliere, ma la sua risposta rimase attorcigliata alla scala.

Tornò dalla guerra con la spada ancora calda e gli occhi spenti di chi ha raggelato l’anima.
Si presentò a Merlino con lo sguardo ancora smarrito e il cuore, rimpicciolito dalla paura, nascosto fra le pause del respiro.
“Iniziamo” esordì una volta avvitato in cima alla torre
“Il fagotto è uno strumento a fiato e con il respiro che ti ritrovi non è possibile iniziare”
“Cos’ha il mio respiro che non va?”
“Ha paura”
“Non dire sciocchezze mago, io arrivo dalla guerra dove la paura è scappata”
“Appunto e si nasconde nel tuo respiro. Prenditi qualche giorno di riposo, vai sulla collina a respirare il vento e poi ne riparleremo.”
Fu così che il prode cavaliere si ritrovò come una sdolcinata donzella  seduto in un prato fiorito a farsi accarezzare dal vento, sperando che i suoi valorosi compagni d’armi non lo vedessero.
Alla sera, rientrando a castello dopo il tramonto, dovette ammettere a se stesso che quella pausa tra i fiori e le farfalle in compagnia del vento lo aveva inaspettatamente rinvigorito.
Si stupì quando alla taverna ordinò una tisana al posto della solita acquavite
“Domani però non ci torno” disse fra se e se mentre si ustionava ingurgitando in un solo sorso la tisana prima che qualcuno lo vedesse.
Il giorno dopo non salì sulla collina … si fermò a metà.
Ma la brezza lo raggiunse, lo accarezzò senza vergogna e se ne andò lasciandolo solo ad osservare il cielo, dove da dietro le nuvole intravide i raggi del suo cuore riprendere coraggio.
Quando si ripresentò da Merlino aveva gli occhi scaldati dal cuore.
“Possiamo iniziare” sorrise il mago.

Lezione prima

“Ma dove siamo andati a finire?” domandò Lancillotto ritrovandosi con gli stivali immersi in uno stagno
“Il fagotto è un complicato sistema che ha una sola funzione: trasformare una pernacchia in un suono e la pernacchia la troviamo qui tra le canne di bambù”
Raccolse una pianta e senza più fiatare la portò nel laboratorio dove la mise vicino al fuoco del camino.
“E adesso?” chiese impaziente Lancillotto
“E adesso aspettiamo”
“Cosa?”
“Che il legno perda il suo colore e si arrenda a vivere lontano dallo stagno”
Passarono le stagioni e finalmente un giorno Merlino mandò a chiamare Lancillotto.
“E’ ora” dichiarò il mago appena il cavaliere finì il suo girotondo sulla scala della torre.
“Siedi” e presa la canna di bambù iniziò la costruzione dell’ancia.
Misurò, tagliò, sagomò, sgorbiò, legò, levigò, lisciò e alla fine si ritrovò con un ancia fra le mani.
La mise fra le labbra e soffiò. Una pernacchia si librò nell’aria facendo ridere il cavaliere.
“Sei sicuro che si fa così a suonare un fagotto?”
“Non preoccuparti, prova tu ora” e passò l’ancia a Lancillotto
“No, mi vergogno” si rifiutò questi
Merlino a quelle parole lo guardò dritto negli occhi e disse “Ti assicuro che è molto più vergognoso brandire una lancia che soffiare in un ancia. E adesso soffia”
La pernacchia del cavaliere sembrava proprio venuta dal sedere e il guerriero riconsegnò il diabolico aggeggio al mago.
“No non fa per me”
“Va bene come vuoi, le nostre lezioni allora terminano qui” rispose Merlino
Lancillotto scese le scale della torre come se fosse l’ultima volta e sparì fra le nebbie di Avalon.

Lezione seconda

Il giorno dopo il cavaliere della Tavola Rotonda era di nuovo nel laboratorio del mago a pregare di insegnarli l’arte di suonare il fagotto.
Iniziò così a emettere lunghe pernacchie dall’ancia e a modificarne l’altezza e l’intensità.
Poi, inserita l’ancia allo strumento, assistette al primo miracolo del fagotto: la pernacchia che si trasforma in suono.
Nei mesi seguenti Lancillotto trasferì la sua battaglia dalla lancia al fagotto.
Si impegnava come in guerra e sudava come sotto l’armatura, ma Merlino non era mai soddisfatto.
Passò un anno e Merlino ancora scuoteva la testa nel sentire Lancillotto suonare il fagotto.
“Ma insomma mago! perché non riesci ad insegnarmi a suonare?” sbottò un giorno dopo l’ennesima insoddisfazione di Merlino
“Io ti ho insegnato, ma tu non hai appreso” rispose il maestro
“Ho sudato passando ore ad esercitarmi e tu non sei mai contento”
“Non sono io a non essere contento, ma la musica che esce dal tuo strumento”
“Questa è una tua opinione, io non sono d’accordo” rispose il cavaliere alzando il fagotto come una spada
“Tra una settimana ti esibirai davanti ai tuoi compagni d’armi e alle dame di corte”
disse Merlino voltando la schiena a Lancillotto e dirigendosi verso il suo laboratorio.

Il cuore di Lancillotto, in attesa di iniziare il concerto, sembrava impazzito dalla tensione.
Mai avrebbe immaginato di provare così tanta paura.
“E’ incredibile che un cavaliere come me, abituato a stare sul campo di battaglia, abbia paura di fare quattro note” pensò ”mi sono proprio rovinato con quest’idea di suonare”
Uscì col suo fagotto impugnato come una lancia e iniziò la sua battaglia sul palcoscenico.
Non si rese conto di come suonò, tutta la sua attenzione era rivolta ad arrivare in fondo senza cadere e quando finì si sentì improvvisamente stanco.
I suoi compagni d’armi e le dame accennarono ad un timido applauso e subito ripresero le loro conversazioni come se non aspettassero altro.
“Tieniti il tuo fagotto” disse a Merlino appena finito il concerto
“Questo strumento fa più male di una lancia”
“Vedi, Lancillotto, questo strumento con tanta docilità ha fatto uscire la tua più segreta paura e tu non sei disposto ad accettarla. Preferisci combatterla con la forza, nascosto dentro la tua armatura” gli disse il mago
“Cosa vai blaterando mago! che ne sai tu di paure e di vittorie! qui stiamo parlando di uno stupido strumento che è impossibile suonare e di figure di merda che si possono benissimo evitare” e se ne andò ad ordinare una brocca d’acquavite e a raccontar delle sue eroiche imprese alle dame, che giulive finalmente lo ascoltavano.

Lezione terza

Il giorno dopo, di ritorno da un sogno, Lancillotto prese la trottola che porta su al laboratorio di Merlino
“E va bene, riproviamo” disse appena arrivato
Merlino sorrise e preso il fagotto lo consegnò al suo unico allievo.
“Devi voler bene ai suoni che escono dallo strumento, devi proiettarli nel cielo e dimenticarti che sei tu che stai suonando” iniziò il maestro
“Ma..” stava per obbiettare Lancillotto
“Vai e fai come ti dico” lo interruppe Merlino e riprese a lavorare su una nuova pozione.

Lancillotto andò sulla collina e iniziò a suonare, cercando di mettere in pratica l’insegnamento del maestro.
Era li ormai da tempo quando ecco arrivare Ginevra.
“Sei bravo Lancillotto, mi hai rapita con la tua musica” disse sorridendo
“continua ti prego” e il cavaliere riprese il suo canto.
Merlino dalla torre ascoltava estasiato quella musica che finalmente riusciva a risuonare nel cielo ed in cima alla montagna un drago si posò quieto ad ascoltare.
La sera iniziò a stendere le sue coperte sui prati in fondo alla valle e quando tutto fu pronto spense l’ultima luce in cima ai monti.
Le stelle quella notte arrivarono numerose, erano impazienti di riflettere la musica che quel giorno era giunta sino a loro.



Le avventure di Lancillotto con il suo fagotto continuano con

- Re Artù non suona più
- Botto di fagotto

in “racconti dentro il fagotto”
http://faifag.blogspot.it


sabato 9 febbraio 2013



     Santuario di Sant'Anciarlo.
     Luogo di silenzio, di raccoglimento, dove puoi accendere un'ancia e contemplare l'impermanenza.