mercoledì 19 giugno 2013


Con tutta la canna di bambù che ha mangiato grazie agli scarti del piccolo fagottista,
il panda ha deciso d'immortalare il suo beniamino in una foto da appendere in sala da pranzo


venerdì 7 giugno 2013

MAURICE




a Ludovico

Maurice aveva scoreggiato tutto il giorno con la sua moto su per la montagna, aveva risalito ruscelli, superato rocce e smanettato giù per i prati.
Si era impennato come un cavallo imbizzarrito e a dirla tutta era anche caduto col culo per terra più di una volta.
Il motore della sua KTM aveva urlato come un animale inferocito per tutta la montagna ed ora se ne stava in silenzio a raffreddare il suo entusiasmo.
Maurice aveva appena finito di incidere il nome della sua donna sul tronco di una betulla e stava per accendersi una sigaretta quando un improvviso rumore, come di una freccia che si impianta nel legno, gli fece alzare lo sguardo.
“Porca troia” esclamò nel vedere infilzato nel tronco della betulla, ad alcuni metri dal suolo, un violoncello.
Fu così che la musica entrò nella vita di Maurice, come un fulmine a ciel sereno, come una freccia lanciata da chissà chi, che centra il bersaglio del cuore.



La musica colpi Maurice così come la prima spada del matador infilza il suo toro. L’animale ferito non muore, ma comincia a impazzire. Maurice continuò a cancellare il silenzio con la sua moto, come se nulla fosse.
Se ne andava in giro tranquillo senza far caso alla musica che lo aveva colpito con un puntale di violoncello.
Guidò fino al laghetto con una mano sola e nell’altra il violoncello. Fece rimbalzare qualche sasso sul pelo dell’acqua e infine, annoiato, si tuffò. Cominciò a giocare  alla flotta di Napoleone contro gli Inglesi e pensò bene di utilizzare il violoncello come nave da guerra. 


Quando l’inverno arrivò, trovò Maurice che lo aspettava con uno strano sorriso. Ad un primo momento lo scambiò per una smorfia di freddo, ma presto capì che così non era.
Quel sorriso era la fine di una crepa che partiva dal puntale di un violoncello infilzato nella schiena di Maurice proprio dietro al cuore.
“Bèh! Che c’è da guardare?” chiese Maurice, accorgendosi per la prima volta in vita sua che l’inverno lo osservava.
Esaltato da quella scoperta decise di stupire il generale inverno.
Salì in cima alla montagna innevata e messo gli sci al violoncello si buttò  a capofitto nella sua pazzia, mentre l’inverno osservava divertito. 



Quel violoncello, caduto dal cielo, aveva veramente colpito il cuore di Maurice.
Decise così di imparare a suonarlo per sentire la sua voce e soprattutto per ascoltare quello che aveva da dire.
Andò ad un concerto, si mise in prima fila e ascoltò, osservò con molta attenzione e rimase meravigliato nello scoprire che la musica aveva un profumo, ma che purtroppo quella sera a quel concerto non era affatto buono. 


Si applicò allo studio con perseveranza, pazienza e soprattutto con amore, per parecchi anni.
Scoprì così che la musica non solo profumava, ma aveva anche un sapore, un peso, una temperatura, un colore e che ognuna di queste caratteristiche faceva risuonare una parte di lui.
Capì il valore di quello strumento che gli permetteva di entrare in un mondo meraviglioso e comprò un custodia per proteggerlo.
Un giorno di pioggia decise di prendere l’autobus e partire per la montagna. 


Camminò fino all’inizio del ghiacciaio e lì  cominciò a suonare.
La crepa del suo cuore era ormai diventata un crepaccio e la musica del suo violoncello simile a quella della montagna. Maurice non capì se era lui a suonare o se fosse la musica a suonare lui e si sentì felice, come un aquila quando si abbandona al vento .