domenica 28 marzo 2021

Edison Denisov SONATE pour Basson seul Michele Colombo Bassoon

Edison Denisov è nato nel 1929 a Tomsk in Siberia. Suo padre, fisico di professione, s’accese d’entusiasmo all’idea di chiamare suo figlio Edison, in omaggio al grande inventore americano, di cui era un grande estimatore e la madre acconsentì non trovando l’interruttore per spegnere la passione del marito. Edison cresce ben conservato dalla bassa temperatura che a quelle latitudini scende volentieri sotto lo zero, ghiaccia l’aria e congela il tempo. Nel gennaio del 1939, a due anni, Edison assiste incredulo all’invasione del freddo che, a – 55°C, toglieva al sangue la forza di scorrere. Dopo essere sopravvissuto al gelo e cresciuto al caldo del sole vincitore, studia matematica e si laurea nel 1951. Nel 1952 si accende potente la lampadina della musica e si iscrive al Conservatorio di Mosca per la gioia di Shostakovich, che ben conosceva le potenzialità del ragazzo avendogli impartito lezioni di composizione. Ottenuto il diploma diventa insegnante di composizione nello stesso conservatorio e per il suo peculiare stile compositivo viene inserito nella lista nera redatta da Chrennikov, segretario generale dell’Unione dei compositori sovietici, insieme a Gubajdolina ed altri cinque artisti ribelli. Solo nel 1990, dopo aver preso le briglie dell’Associazione della Musica Contemporanea, comincia a mietere riconoscimenti pubblici e ufficiali in patria. Muore nel 1996 a Parigi dopo un incidente e un lungo periodo di malattia. Per aiutare chi non è avvezzo a questo genere di musica, ho scritto una breve guida all’ascolto della sua Sonata per fagotto solo del 1985. Il primo tempo della Sonata scorre in un flusso di terzine che rimane perlopiù avvolto nella tessitura grave del fagotto. Un canto punteggiato da gocce di sedicesimi che ne spezzano l’onda donadogli l’energia della spinta. Il secondo tempo, lento poco rubato, è sospeso nell’ultima ottava dello strumento, là dove la chiave è quella di violino. Il suono a quelle altezze diventa penetrante e trapassando nuvole di sonorità delicate manda raggi di suoni luminosi. La linea serpeggia attorno al La acuto spingendosi a bucare la stratosfera per toccare il Fa sopracuto. Refoli di sessantaquattresimi disperdono il canto terso che ha attraversato il cielo di questo movimento, posandolo sul La da cui tutto era iniziato. Saltando su sassolini di note gravi, questa affascinante Sonata si avvia verso la conclusione. Il terzo movimento avanza rimbalzando su molle di singole note gravi in piano, pianissimo, per esibirsi in virtuose capriole che inevitabilmente la forza di gravità riporta al suolo dove, in un gioco spensierato, si eleva a formare nuove acrobatiche piroette. Come una molla che consuma la propria energia la Sonata si spegne pian piano sparendo in una bolla di Re basso pianissimo che, come un punto, mette fine ad una delle pagine più avvincenti del repertorio per fagotto solo del XX secolo.

domenica 21 marzo 2021

J.S.Bach PARTITA BWV 1013 Michele Colombo Bassoon

La musica di Bach scorre inesorabile come un ruscello senza fine. Ho conosciuto gente che ascolta solo Bach. Può sembrare un’ossessione, ma non fatico a pensare che si possa fare. La sua musica è così immensa, che effettivamente potrebbe bastare. La partita BWV 1013 scritta per flauto solo in un primo tempo fu ritenuta non autentica, e poi con certezza è stata rivendicata da Bach. La copia manoscritta di questo Solo pour la Flute traversiere potrebbe essere stata redatta negli anni 1722-23, ma l’opera è probabilmente anteriore di qualche anno. Resa di pubblico dominio nel 1917 in una edizione pubblicata dalla Peters a cura di Maximilian Schwedler (primo flauto dell’orchestra del Gewandhaus di Lipsia).   La composizione, strutturata come una suite (ma con un brano conclusivo anomalo, una Bourée Angloise) è formata da quattro tempi tutti di notevole bellezza. Un tratto ancora, dunque, di quel meraviglioso fiume di musica con cui Bach ha inondato il mondo. Nato il 31 marzo del 1685, si festeggia il 21 marzo perché all’epoca la Germania era rimasta indietro di dieci giorni. A vent’anni si farà quattrocento chilometri a piedi per conoscere il Maestro Buxtehude. Questo fatto la dice lunga sulla passione e l’amore per la musica che spingeva Johann Sebastian. Ma di strada ne ha fatta molta, molta di più, lasciandosi dietro venti figli, due mogli, un mese di galera, un mare di birra, una cortina di fumo di pipa e un numero impressionante di composizioni. Di lui è stato scritto tutto, e io non aggiungerò nient’altro.

(La trascrizione per fagotto solo che è quella di Waterhouse).

domenica 14 marzo 2021

Virginio Bianchi TRE STUDI per fagotto Michele Colombo Bassoon

Accompagnato dal suono che proveniva dalla sala prove al piano terreno, il piccolo Virginio andava ad ascoltare il papà che suonava il clarinetto nella banda di Cornigliano. Tenuto per mano dalla mamma camminava incontro al suo destino di musicista. Sollevato sino alla finestra si aggrappava alle inferriate, rimanendo incantato davanti al miracolo della musica che il papà e i suoi amici riuscivano a creare. Da quella finestra, che si affacciava sul mondo magico dei suoni, era difficile portarlo via.    Ogni sera, di ritorno dal lavoro, il papà gli impartiva lezioni di clarinetto piccolo in mi bemolle, perché quello in si bemolle era troppo grande per le sue mani. A sedici anni entra in Conservatorio a Genova nella classe di fagotto del maestro Carlo Cippitelli. Con la musica per mano attraversa gli anni della guerra. Nel dopoguerra, per guadagnarsi da vivere, suona ogni sera nei nightclub con il sassofono che ha imparato a suonare da solo e al mattino con suo il fagotto varca la soglia del conservatorio, pronto a fare le scale che lo porteranno ai piani alti della musica. Nel 1984 diventa secondo fagotto al Teatro Carlo Felice di Genova, poi dal 1950 al 58 ai Pomeriggi Musicali di Milano per poi entrare alla Rai di Milano come primo fagotto, ruolo che ricoprirà per 28 anni.

Il Maestro Virginio Bianchi l’ho conosciuto lì, nell’Orchestra Sinfonica della RAI di Milano quando, poco più di ventenne, facevo l’aggiunto. Ricordo il piccolo cornetto portafortuna che teneva appeso alla chiave del si bemolle basso del suo fagotto. Ricordo il suono caldo, dolce e potente, accompagnato dalla sua umiltà, gentilezza e nobile semplicità.                                                                                        Un giorno mi disse sorridendo: ”Michele, chissà quante mongolfiere ho gonfiato!”. Non so quante ne ha gonfiate, ma so per certo che volano ancora nel cielo della musica, trasportando i fagottisti di tutto il mondo che vogliono prendere il volo eseguendo i suoi bellissimi dodici studi. Volano con intere orchestre di fiati (come la Banda “G. Puccini” di Lomazzo che ha diretto con passione sino al 1998, anno della sua scomparsa) che, sotto “La Pioggia” di uno dei suoi poemi sinfonici, si librano oltre le inferriate che il piccolo Virginio è riuscito a spezzare con il suo talento, passione e amore per la musica. Non l’ho avuto come insegnante ma conosco alcuni dei suoi allievi: Emilio Pomarico, Mauro Monguzzi, Leonardo Dosso, Ferruccio Antoniolli, Nadia Orelio, Andrea Magnani, Anna Maria Barbaglia e, visti i grandi risultati, posso affermare sia stato anche un ottimo insegnante. Ho preso il suo posto come docente nella classe di fagotto alla Civica Scuola di Musica di Milano e spero di esserne, almeno in parte, degno successore.

martedì 9 marzo 2021

Vincent Persichetti PARABLE IV for Solo Bassoon Op.110 Michele Colombo B...

Vincent Persichetti (1915-1987), compositore americano di origini italiane (il padre emigrò dall’Italia appena dodicenne da Torricella Peligna un paese in provincia di Chieti), è considerato una delle figure più importanti della musica americana del XX secolo, sia come insegnante (tra i suoi allievi Philip Glass, Peter Schickele) che come compositore. Vincent, nonostante i genitori non fossero musicisti, si innamora della musica appena la incontra, a cinque anni. A 14 anni esegue per la prima volta le sue composizioni in pubblico, dichiarando il suo amore. Durante il liceo gira a braccetto con l’arte dei suoni , con cui si sposerà nel 1936 al Combs College of Music  di Filadelfia. Contemporaneamente frequenta una scuola d’arte e diventa un appassionato scultore. Gli strumenti a fiato hanno ispirato buona parte delle sue composizioni. La raccolta delle Parables contiene 25 opere molte delle quali per strumenti a fiato non accompagnati.

La Parabola per fagotto solo, op. 110 è la IV ed è stata scritta nel 1970. Si sviluppa sulla direttrice di due do, partendo lontanissimo con il metronomo a 63 al quarto, per avvicinarsi  a 144 al quarto sino a raggiungere agilmente il si bemolle basso (la nota più grave del fagotto) messa a fuoco su un forte. La parabola risale, dopo essere passata da segmenti definiti  grazioso, capriccioso, timoroso e caloroso, sino al do diesis sopracuto (una delle note più alte dello strumento) con un fortissimo. Superato l’asse di simmetria si torna a 63 di metronomo al quarto e la linea musicale ritorna, con un graduale diminuendo, nobilmente e teneramente, al do lontanissimo dell’inizio che sparisce al niente nell’infinito oltre il suono.

martedì 2 marzo 2021

Gilles Silvestrini STUDIO N.4 Michele Colombo Bassoon

Vi invito a camminare nel “Sentier dans les bois”, ad entrare nel dipinto di Auguste Renoir con la musica di Giles Silvestrini(1961) oboista e compositore francese.

Ringrazio il talentuoso e appassionato Orazio Lodin che ha curato la trascrizione per fagotto dei “Six Etudes per oboe solo” di Silvestrini, dedicati a quadri di pittori impressionisti francesi, da cui ho estratto questo studio n°4 .

Il sentiero, che ho percorso più volte, mi ha ispirato queste poche righe che condivido con voi


“Carezze in soffi di foglie ballerine

Squarci di sorrisi su fiori sbarazzini


Angoli di notte nel sonno dei cuculi

Pizzicotti di stelle ad accendere il Mistero


Qualche passo ancora e il silenzio evaporerà in profumo”


Ed ora non vi rimane che prendervi due minuti e avventurarvi dentro al quadro.

Buona passeggiata!