venerdì 31 gennaio 2014

COMANCE
la tribu’del bambu’


La Tribù ComAnce  si accampava lungo gli argini dei fiumi dove crescevano  le canne di bambù.
Chiamata infatti anche la tribù del bambù è famosa per la sua particolare tecnica di cacciagione.
Attraverso ance che costruivano con grande destrezza con la canna di bambù, emettevano suoni per attirare l’attenzione degli animali: anatre, cavalli, bisonti, scoiattoli, martore, coyote, porcospini, wapiti, corvi, aquile e lucertole  ed altri animali a seconda della necessità.
Gli animali rimanevano poi ipnotizzati dal suono di primordiali fagotti permettendo così ai ComAnce di avvicinarsi senza pericolo che scappassero.
Spesso, dopo averli accarezzati, li lasciavano di nuovo liberi.
Intorno al fuoco delle loro vecchie ance si riunivano per raccontare fiabe dal sapore dolce di musiche mai suonate.

Spontanei  e liberi trascorrevano una vita a contatto con la natura e con  il suono che da essa scaturiva.



  


















venerdì 10 gennaio 2014

IL LEONE E LA FORMICA


La conoscete la leggenda della formica?
No? E’ arrivato allora anche per voi il  momento di conoscerla e di imparare dalla formica; si perché da tutti si può imparare qualcosa, basta osservare ed ascoltare.

Un giorno il leone incontrò la formica:
“Ciao” gridò sicuro di se e con un po’ di disprezzo.
Ma la formica non rispose.
“Ehi tu! Ho detto ciao!!” ruggì infuriato il leone.
Ma la formica zitta e, senza nemmeno fermarsi, si infilò sotto la zampa del leone.
Il leone, incredulo, si guardò intorno per accertarsi che nessuno avesse assistito alla scena.
Ma come! lui, il re della foresta, offeso da un minuscolo e insignificante animaletto!?
Una rabbia grande come lui gli entrò sotto la pelle
Spalancando le fauci in un enorme ruggito, spostò la zampa per scovare quel insolente maleducato.
Ci rimase molto male scoprendo che sotto la zampa non c’era più nessuna formica.
E posseduto dalla rabbia cominciò a urlare e muoversi in una danza di guerra.
Quando si fermò, esausto e senza più voce, ad un primo momento si dimenticò il motivo di tanto rumore.
“Ah si! La formica!” ricordò e cominciò a cercare attentamente fra l’erba per  scovarne il cadavere.
“Ciao” lo saluto la formica sbucando da dietro un filo d’erba e salendo sulla criniera del leone.
A quel punto il re sentendosi preso in giro ricominciò a scomporsi in un ballo frenetico nel tentativo di liberarsi da quello stupido animaletto. Scuoteva la testa quasi volesse staccarla, e saltava girando su se stesso come un grosso gatto che gioca con un gomitolo.
Ormai mezza foresta lo aveva sentito e i più coraggiosi animali si avvicinarono, nascondendosi fra i cespugli, per spiare.
Saltando veloce tra gli alberi arrivò per primo il babbuino.
Strisciando fra l’erba arrivò il serpente.
Poi arrivò la rana a cavallo della zebra, attraversando così prudentemente la foresta sulle strisce pedonali.
Una nuova foglia apparve sul ramo della quercia,..no..un nuovo ramo spuntò dalla foglia,..no….è un foglia…o no?. Ma si!! È il camaleonte!
Su alti rami secchi gli avvoltoi se ne stavano immobili , in attesa, pazienti, con le loro gobbe come zaini pieni di segreti.
Tutti a giocare a nascondino, osservando con stupore  il loro re saltare, dimenarsi, ruggire, combattere con un avversario invisibile.
“E’ matto” sussurrò il gufo e quel sussurro echeggiò per tutta la foresta.
Il povero leone continuava ad agitarsi e nella sua mente la piccola formica divenne grande come un elefante.
Un elefante impalpabile, invisibile e la furia del re sembrava non avere  fine.
Cominciò a dar testate contro gli alberi, scambiandoli per la formica- elefante, cercando così di ammazzare il nemico che si era insediato nella sua criniera.
Dopo l’ ennesima testata il re cadde a terra, immobile.
La foresta intera ammutolì e tutto si fermò.
La coccinella ruppe quel pesante silenzio gridando: “Eccola!”
“Cosa hai detto?” chiese il grillo che aveva a mala pena sentito l’urlo della coccinella
“La formica?” ripeté allora ad alta voce stupefatto
“La formica!” gridò allora il cervo
“Non la vedo” si lamentò la giraffa e tutti gli animali ad osservare la formichina scendere dalla chioma del leone, tranquilla come di ritorno da una gita “Non preoccupatevi, si riprenderà presto” disse, e se andò coi suoi passetti veloci, come un trenino senza rotaie. Entrò nella galleria di un tronco e nessuno la rivide più.

Ma ancora oggi nella foresta si racconta la leggenda della formica che sconfisse il leone, perché non serve essere grandi e grossi per vincere, basta essere una formichina.

giovedì 2 gennaio 2014

LA STELLA


Spesso percorriamo l’esistenza concentrati sul nostro passo, poiché così ci conduce l’uso e il timore dell’ignoto….il nostro mondo allora ci appare costretto nel cerchio attorno ai nostri piedi. Beato colui che alza lo sguardo seguendo l’anelito di conoscenza. A lui sarà svelato il panorama più ampio.* 
(“Aforismi” di AldoGuru)
I sassolini brillavano, come stelle, su quella sabbia sterminata come il cielo; quel cielo che sovrastava la mia vita e stupiva la mia anima, in mezzo a quel deserto.
Mentre dondolavo tra le gobbe del mio cammello, che camminava su una spiaggia senza mare, sentivo i suoi passi affondare nella sabbia e il suo respiro accompagnarsi al mio; era tutto li il rumore della vita in quel deserto silenzioso.
Se qualcuno guardasse dal cielo, pensavo, da sopra una nuvola, da dietro a un sasso di stella, capirebbe che sono re ?
Ho paura di no; avrebbe solo visto un puntino scuro che si muoveva indifeso sul palmo sconfinato del mondo. Bastava chiudere il pugno per farmi diventare un puntino rosso senza vita.
Stavo percorrendo quel tratto di strada della mia vita ormai da trenta notti, lasciandomi alle spalle una corte bisbigliante, attonita, schierata ai bordi del mio regno con la bocca spalancata e gli occhi fissi a contemplare un re pazzo, che se ne parte da solo puntando dritto nel cuore del deserto.
La mia corte; un palcoscenico variopinto, con fondali di carta e lumini di candela a far da stelle. Un teatro di pantomime, dove recitare è più importante che pensare e applaudire più importante che parlare. E’ così; mi sono lasciato alle spalle una commedia senza intervallo, infinita, che col tempo riesce anche a farti scambiare un granello di senape per un chicco d’oro. Erano tutti lì, con i costumi dell’ultimo spettacolo, le mani sul cuore e la cipria a  farli impallidire, le cortigiane col dorso delle mani sulla fronte a recitare senza copione :“Sire!”,  ma le mie orecchie stavano già ascoltando il fischio del vento danzare con la sabbia e i miei occhi fissavano una strada che solo loro vedevano.

Di notte, quando tutto il caldo del deserto era salito in cielo ad accender  le stelle, mi sdraiavo, puntavo lo sguardo fisso al firmamento e stavo ad osservare il mondo che gira e nel più assoluto silenzio ne ascoltavo il suono.
Respirare in quelle notti! .. mi sentivo come un bimbo preso in braccio, il cui respiro, lentamente, segue quello del padre. Mi sentivo rassicurato, sentivo che il mio cuore stava battendo con il ritmo giusto. Le stelle cadenti mi si impiantavano dritte nel cuore, come pezzi di vetro luminosi, e gli occhi brillavano, commossi.
All’inizio avevo paura, anzi ero solo paura. Il cuore, nascosto, a tremare con un finto sorriso, per far credere che sta ballando.
Si sono re, almeno per i mie sudditi, e avevo una paura da re.
Quand’ero piccolo andavo sulla torre per guardare il deserto e in silenzio ascoltavo i passi veloci della  paura che saliva la scala a chiocciola dei miei pensieri e senza far nulla lasciavo che si affacciasse dai mie occhi, coi quali guardavo il deserto e pregavo perché non mi capitasse mai nella vita di trovarmi solo in mezzo a quell’ oceano di sabbia…abbandonato, dimenticato.
E così eccomi là, esattamente dove non avrei mai voluto essere.
Ma un volta ancora mi sbagliavo, perché era proprio là che avrei trovato il mio cuore spaventato ed è là che avrei potuto consolarlo, stringerlo forte e sussurrargli di non aver paura. 
Fu proprio mentre ero sdraiato, a veder girare il mondo, che arrivò un uomo sul suo cammello, con un seguito da re: elefanti con baldacchini damascati, ancelle ingioiellate dagli occhi come sorgenti; eunuchi profumati e soldati sudati, scimmiette vestite e schiavi mezzi nudi. Si portava appresso un accampamento che una volta montato sembrava un paese.
Alla sera mi ritrovai a camminare tra i vicoli di quel paese scortato da due servitori del misterioso sultano, che mi aveva invitato per un tè nella sua tenda.
Mi ricevette seduto su un tappeto circondato da cuscini e da ancelle premurose, con un sorriso che mi fece ricordare quello che avevo dimenticato: che ero stato un bambino che giocava.
Tra una tazza di tè al cardamomo e un manciata di uva sultanina, volle sapere che ci facevo da solo nel deserto.
E’ semplice; affronto la mia paura perché sono esausto di sentirmi minacciato ogni volta che alzo lo sguardo verso il deserto.
Tra il profumo d’incenso e i fumi del narghilè, mi disse che lui seguiva la Stella.
Quale stella? ce ne sono così tante!
Mi portò fuori, sotto il cielo stellato e mi indicò un astro con una coda così luminosa che veniva voglia di aggrapparsi e farsi trascinare.
No, non l’avevo notata prima, anche se passavo le notti ad osservare la volta celeste. Mi spaventai quando disse che era da tempo che attraversava il cielo con la sua chioma luminosa.
Non preoccuparti, mi rassicurò il re, c’è sempre stata, ma a volte occorre che qualcuno la indichi per riuscire a vederla.
Ma com’è che succede?  e il sorriso del sultano mi fece ricordare di quando giocavo a nascondino.” Se per vedere” disse “ usi solo gli occhi, vedrai solo forme. Beato colui che sa guardare con il cuore. A lui sarà rivelata la Verità nascosta ai sensi”* 
Anch’io sono un re, e lo dissi quasi vergognandomi davanti a un sultano capace di ricreare la sfarzosità del suo regno anche sopra un tappeto di sabbia in mezzo al deserto. Ma ero lì, pronto a diventare il suddito di un altro re, ad ascoltare i suoi consigli, pronto a seguire i suoi passi.
Mi aggregai alla carovana, perché anch’io volevo scoprire il mistero di quella stella meravigliosa. E’ vero, a volte facevo fatica a credere  che avesse un senso quel nostro viaggiare a testa in su, seguendo un stella.
Ma ti rendi conto! Andar dietro a un astro del cielo più lontano di quanto riusciamo a immaginare, e credere che ci porti da qualche parte!
La mia fantasia, pensavo, si deve essere scaldata troppo col caldo del deserto, si deve essere bruciato qualcosa…qualche valvola di sfiato o qualche guarnizione, e così le mie azioni perdevano il senno da qualche parte.
Ma volevo provare ad abbandonarmi per una volta alla Magnificenza del Creato, senza anteporre la meschinità dell’ego. Colui che segue il cammino dello stupore conoscerà la Luce Divina.diceva il mio re.
E poi arrivava la notte a mostrar la Stella nel suo pieno splendore, e tutti i dubbi svanivano, prosciugati dal calore di quella incomparabile visione. 
Una sera la Stella scese in picchiata, davanti a noi. Per un attimo ebbi la certezza di vederla schiantare al suolo, ma non feci in tempo a pensare alle conseguenze di quell’impatto, che la Stella si fermò, galleggiando nell’aria a poca distanza dal suolo.
La luce cambiò, sembravamo tutti ricoperti d’oro e i nostri sguardi brillavano come stelle.
Quello che si presentò ai nostri occhi lo ricordo con una nostalgia e una gioia che a fatica controllo.
Una moltitudine di pastori con i loro armenti,  mercanti curiosi, bambini gioiosi e sopra di loro, schiere di angeli.
Cosa succede? Chiedemmo a un pastore, e lui abbracciandoci rispose; non lo so, ma è la festa più bella dove sono mai stato, andate in quella grotta e capirete; vi sembrerà normale vedere angeli che sfrecciano e stelle che si staccano dal cielo, ma soprattutto vi sembrerà normale aver voglia di abbracciare tutti quelli che incontrate. E se ne andò che pareva un angelo
Rimanemmo senza parole, e tutte le cose che tenevamo in ordine sugli scaffali della nostra mente cominciarono a traballare.
Tremando ci avvicinammo alla grotta, dove un altro re come noi era già prostrato in adorazione. Ci inginocchiammo davanti a un bimbo, la cui purezza emanava Amore,
solo semplicemente Amore. Una sensazione di gioia senza confini mi allargò un sorriso e una nuova consapevolezza mi illuminò.

Sono passati tanti anni da allora e quel bimbo d’Amore è stato ucciso come se fosse un criminale.
Ogni tanto ritorno sulla torre del mio castello e osservo il deserto e penso sorridendo alla paura che avevo nell’immaginare di trovarmi solo in mezzo a quella distesa di sabbia, ma il mio sorriso si adombra pensando all’uomo,  capace di uccidere chi lo fa vivere.
Ma nel scendere le scale della torre ad ogni passo il mio sorriso si rinnova, perché si, io me ne andai da quel presepio senza più nessuna paura e me ne allontanai, ma la distanza si misura, sono solo numeri. In realtà per me da allora non esiste più un qui e un là, un prima e un dopo, ma  niente e tutto nello stesso istante.
Quella Stella, ormai sparita dal cielo, è andata dove da sempre brilla: nella mia anima.