giovedì 20 agosto 2015

ORLANDO, TINO E IL FAGOTTINO


Orlando suona il fagottino
in costume da bagno nel giardino

la scuola è assai lontana
tace da più di un mese la campana

nel mare nuotano le balene
pucciare l’ancia non conviene

con la sabbia Orlando fa un castello
usa della sua ancia la paletta e il cannello

una conchiglia sulla torre è stata messa
da li si affaccia una bella principessa

con lo sguardo cerca il bagnino
vuol sapere se li intorno qualcuno suona il fagottino

una canzone l’ha svegliata
da più di un anno che era addormentata

tornato dalla spiaggia Orlando suona il fagottino
nell’aria fresca del giardino

del Peter suona una canzone
la principessa dal castello si affaccia sul balcone

del Muller suona un pezzettino
dietro le spalle lo ascolta Tino il famoso eroe del fagottino

“Sei un mago!” dice a Orlando
che risponde di rimando

“Suono solo il fagottino”
“E dici poco caro bambino!

Due pezzi di canna, un tubo di legno e una esse
e gli incantesimi togli alle principesse!”

sorride e fa l’occhiolino
a quel magico bambino

e messo in spalla il suo fagotto
sparisce in quattro e quattr’otto


mercoledì 19 agosto 2015

L'ORCO GIGIONE



L’Orco Gigione non ha fretta, cammina adagio, ragiona lentamente e parla a rallentatore.
La sua voce bassa arriva dalla caverna del suo stomaco e il suo alito è umido e pesante; almeno 30 chili.
Trenta chili di alito pesante non è uno scherzo ma un macigno che ti stende.
L’Orco Gigione è sordo, ma non completamente. Riesce a sentire i tuoni, le frane, i colpi di cannone e quando ci sono i terremoti.
Dove abita?
Ovunque, ma non lo vede nessuno.
E’ troppo lento perché la gente si accorga di lui. Certo, se fa un sospiro i suoi trenta chili di aria putrida posso provocare svenimenti, ma la gente pensa che sia dovuto ad un calo di pressione.
L’Orco Gigione si aggira fra la gente indaffarata, si siede ad osservare tutte quelle formiche che corrono, lavorano e non stanno mai ferme. Dopo una mezz’oretta  si chiede “Perche?” ma prima di trovare una risposta è già notte e si addormenta.
Un giorno un bambino vide l’Orco Gigione e si spaventò.
Non aveva mai visto un orco e non sapeva che l’Orco Gigione è il più buono tra tutti gli orchi.
Cominciò a piangere e la mamma non capiva cosa avesse, cercava di calmarlo, ma il bambino piangeva sempre più forte e non riusciva a togliere gli occhi dall’orco che lo fissava, stupito da tutte quelle smorfie.
Mentre il bimbo piangeva disperato e la mamma lo accarezzava per consolarlo, in fondo alla via comparve Tino.
Annusò l’aria, alzò lentamente lo sguardo e vide l’Orco Gigione.
Prese il suo fagottino e suonò forte un LA. Lo tenne lungo e pian piano ne diminuì l’intensità sino ad arrivare ad un pianissimo lontano. L’Orco e la paura del bambino si allontanarono con quel LA.
Arrivarono così lontano che non si videro mai più.Tino sorrise al bambino che aveva smesso di piangere e rimesso il fagottino in spalla e l’ancia in bocca proseguì per la sua strada verso nuove avventure. 

martedì 18 agosto 2015

SPETTATORI DI PRIMA FILA


Tino prese il suo fagottino ed iniziò a suonare un sol.
Era solo un sol, ma a volte basta una sola nota per fare una magia.
Lo eseguì così bene! Dolce … caldo … che il sole bucò  finalmente le nuvole che lo tenevano prigioniero da parecchi giorni.
Tino sorrise al sole e rimesso il fagottino in spalla e l’ancia in bocca proseguì per la sua strada verso nuove avventure.
“Ma questa avventura dov’è?” chiese delusa Caterina, la giovane fagottista che segue Tino nelle sue avventure.
“L’avventura è questa cara Caterina”

Quel raggio di sole fece uscire dalla sua tana la marmotta, che iniziò a fischiare felice;
la lumaca scese la scala a chiocciola della sua casetta e uscì in giardino a godersi il sole.
Il gallo si piazzò in mezzo al pollaio e sparò dei chicchirichì così gioiosi da far sorridere le galline.
Il gatto, dopo essersi stirato, s’incamminò pacifico nel prato, dove le cavallette avevano già iniziato la gara di salto in lungo.
Il topolino mise il muso fuori dalla sua casetta e con gli occhi che brillavano per  quel nuovo raggio di sole, annusò  l’aria che sapeva di formaggio fuso:  squittì eccitato e si lanciò alla ricerca.
Quel raggio di sole che arrivò dopo tanti giorni di pioggia illuminò i fiori e spalancò i loro petali in un esplosione di colori.
Le api si alzarono in volo con un forte ronzio da aeroplano, incrociarono le farfalle che leggere parevano spruzzi di colore nel vento e schivarono le mosche che saettavano a tutta velocità, con la tuta e il caschetto nero, in un invisibile circuito di formula uno.
Quel raggio di sole rischiarò le cime lontane dei monti che si aprirono in un superbo fondale sul teatro della Vita. Un teatro dove noi siamo attori con il ruolo di “spettatori di prima fila” illuminati da un fascio di sole.


lunedì 17 agosto 2015

DIVERTIMENTO IN FA



FAcciamo che tu FAi un FAmoso FAchiro” disse FAbrizia a FAbio
FAcciamo che tu FAi la moglie del FAraone” propose FAbio a FAbrizia
FA lo stesso se FAccio la FAta o la FAtina?”
FAi pure FAntastica FAbrizia
“Sembra FAcile FAre la FAta ma ti assicuro che è FAticoso. FAre sempre FAvolose magie è una FAccenda molto seria”
“Ma FAmmi il FAvore! FAre il FAchiro si che è FAstidioso” rispose FAbio
FAi il FAlegname così pianti tutti i chiodi del FAchiro”
FAntastico! e tu FAi il FAntasma FArfallone, nessuno ti vede e non dovrai più FAre FAntastiche magie”
FAcciamo che tu sei un FAnatico del FAgotto”
FAcciamo che tu sei un FAgiolo e io un FAgiano”
“O una FAlena”
FA come ti pare basta che non FAvelli più” concluse  FAbrizia.
Facevano il gioco del FA ormai da ore, all’inizio lo trovarono divertente, ma col passare del tempo si accorsero di esserne rimasti prigionieri, non riuscivano più a smettere.
Stavano impazzendo quando passò di li Tino e nel sentire i due amici prigionieri del gioco del FA prese il suo fagottino  suonò un Fa e sul quel FA ci mise una lunga corona che poi tolse nel silenzio.
L’incantesimo s’era spezzato!
“Grazie!” gli dissero Fabio e Fabrizia “stavamo per impazzire”
“Io ho Fatto Fagotto e ai FA Faccio quello che voglio” rispose Tino con un sorriso strizzando l’occhio e rimesso il fagottino in spalla e l’ancia in bocca proseguì per la sua strada verso nuove avventure.


giovedì 13 agosto 2015

ARPEGGI DI MI




In una notte di luna piena il ragnetto Nota decise che avrebbe tessuto la più bella ragnatela che mai ragno fosse riuscito a tessere.
Scelse il posto con molta cura e quando finalmente l’ebbe trovato iniziò la sua opera sotto lo sguardo benevolo della luna.
Lavorò per tutta la notte e quando la luna lo salutò per andarsene a riposare, lui proseguì instancabile.
Il primo raggio di sole illuminò la ragnatela finalmente terminata, brillava ornata dalla rugiada!
Il ragnetto osservò la sua opera e pieno d’orgoglio si sistemò al centro addormentandosi felice.
Si svegliò sicuro di trovare un sacco di ammiratori intenti ad contemplare il suo capolavoro e rimase assai deluso quando vide che non vi era nessuno , nemmeno la luna.
Quella notte vi erano le nuvole e nascondevano a tutto il cielo la sua straordinaria ragnatela.
Passò una settimana e nessuno arrivò ad ammirare l’ eccezionale ragnatela.
Il ragnetto Nota divenne così triste che pareva una lacrima appesa alla rete.
Non mangiava più tanto era grande lo sconforto e stava perdendo ogni speranza d’esser lodato per la sua opera d’arte quando passò di li Tino.
Esaminò la ragnatela,  osservò il ragnetto desolato appeso a un filo, si guardò intorno e capì.
Prese il suo fagottino ed inizio a suonare degli arpeggi di Mi maggiore.
L’arpeggio avvolse la ragnatela e arrivò sino al ragno cantando: MI, MI, MI piace! Mi piace!!
Nel sentir tutto quell’apprezzamento il ragnetto ritrovò il sorriso e l’appetito.
Finalmente la sua opera era stata apprezzata!

Tino sorrise al ragnetto e gli disse: “ Stai attento però a non rimanere più intrappolato nella rete dell’orgoglio!” e rimesso il fagottino in spalla e l’ancia in bocca proseguì per la sua strada verso nuove avventure. 

mercoledì 12 agosto 2015

IL RE



La regina avanzava dando la mano al vento.
I sudditi s’inchinavano per metà in quel regno senza re.
Non era morto e nemmeno scappato; non c’era mai stato, punto e basta.
Il trono era vuoto e il castello pieno di soldati senza un ordine da eseguire.
La principessina non aveva mai chiamato “Papà!” e sedeva sulle ginocchia dei consiglieri reali quando voleva sentire le avventure dei cavalieri.
La regina s’affacciò al balcone e un castello di silenzio riempì l’aria.
I sudditi aspettavano con gli occhi rivolti al cielo le parole della loro regina.
“Cari sudditi, orfani di re” si alzò nel vento la voce della sovrana ”siamo come una nave senza capitano che va incontro alla tempesta”
Un tremito percorse la folla e la regina continuò “ Oggi Re Ottone di Fiatilandia ci ha dichiarato guerra”
Il silenzio scoppiò come una bolla di sapone e la folla si mosse agitata.
Fu proprio in quel momento che Tino arrivò al castello e vedendo tutta quella folla spaventata chiese ad una dama che piangeva “Che succede?”
“Quel trombone di Re Ottone ci ha dichiarato guerra e non abbiamo un re! è finita!” rispose tra i singhiozzi
la donna.
Tino allora prese il suo fagottino e iniziò a suonare un forte re.
Un Re forte , sicuro e deciso comparve allora sul trono di quel castello e alzatosi ordinò
“Portatemi dal Re Ottone!”
I sovrani una volta incontrati chiarirono le loro posizioni, si accordarono e concertarono la pace.
Soddisfatto Tino si rimise il fagottino in spalla, l’ancia in bocca e proseguì per la sua strada verso nuove avventure.


martedì 11 agosto 2015

LA SCALA




Era una calda giornata d’estate e i gatti oziavano all’ombra.
Saltino, il gatto nero, mentre osservava gli uccellini che tra un volo e l’altro riposavano sui rami, cominciò ad avere fame.
“Potrei mangiarne uno” pensò e con un salto si arrampicò sull’albero.
Nel vederlo salire tutti gli uccelli volarono via lasciandolo solo ed affamato.
Tutti tranne uno. Se ne stava in cima all’albero sul ramo più lontano.
Era sicuro che fin lassù il gatto non avrebbe potuto arrivare e se ne stava tranquillo a riposare.
Saltino lo vide e lentamente iniziò l’avvicinamento.
Salì con molta attenzione e raggiunse la cima dell’albero.
“Ed ora buon appetito” pensò mentre spiccava il salto verso l’ultimo ramo.
L’uccello dovette ricredersi e spiccò il volo mente Saltino si aggrappava al ramo vuoto oscillando pericolosamente.
Iniziò a miagolare disperatamente, non era più capace di risalire sul ramo che si piegava e dondolava infastidito da quel gatto così pesante.
Fu proprio in quel momento che Tino passava da quelle parti.
Sentì subito il miagolio di aiuto del gatto e corse sotto l’albero.
Prese il suo fagottino e fece una scala, una lunga scala di due ottave. Una scala di Do.
La scala, ben eseguita, raggiunse il gatto.
Saltino vi saltò sopra e discese velocemente.
“Grazie!” disse a Tino appena toccò terra.
“E’ stato un piacere!” rispose sorridendo Tino chiudendo la scala di Do nel silenzio.
“Do è sempre così  generoso” continuò” -ti do una mano- mi ha detto vedendo che eri in difficoltà e così ho fatto la sua scala!” e messo il fagottino in spalla e l’ancia in bocca proseguì per la sua strada verso nuove avventure.