lunedì 22 maggio 2017

SCHERZO MUSICALE

Quella settimana l’orchestra dei Serafini aveva in programma un concerto dal titolo “Musica Oggi”.
Era la prima volta che l’orchestra si trovava sul leggio uno spartito di musica contemporanea.
Dopo aver guardato la parte come se fosse un papiro egiziano, il primo oboe disse:
“Ma nessuno ha spiegato a questi compositori moderni come si scrive la musica?”
Il secondo corno, che non aveva nemmeno aperto lo spartito preso com’era a discutere di politica con il sindacalista dell’orchestra, rispose. “ I soliti raccomandati, di musica non capiscono un cazzo ma sono appoggiati politicamente”
Il direttore, armato di una considerevole dose di pazienza, alle 10 in punto salì sul podio.
Davanti a lui un’orchestra che lo osservava come un marziano, con gli occhi imploranti che chiedevano pietà. Dopo aver annusato l’aria che odorava immancabilmente di escremento di  cane, accese il motore dell’orchestra con il la del primo oboe e inserita la Marcia iniziale del brano in questione cominciò a guidare.
Fece pochi metri, perché l’orchestra si era già fermata, come se il motore si fosse ingolfato.
Il primo fagotto sussurrò al collega “La musica contemporanea è come la merda, la sopporta solo chi la fa”
La prova proseguì a fatica, l’orchestra di spegneva continuamente.
“Non teniamo nemmeno il minimo” disse sconsolato un giovane “aggiunto” tra i secondi violini.
Finita la prova il direttore, affaticato come se avesse dovuto spingere un camion in panne, non riusciva più a trovare il suo camerino e vagava come un profugo.
Lo salvò Kamal, un marocchino addetto alle pulizie.
Lo scortò con spazzolone e secchio sino alla porta del camerino con scritto “M° Chantilly”.
Approdato, si distese sulla poltrona cercando di riprendere le forze prima del prossimo round.
Ma l’orchestra era refrattaria a quella musica così diversa da eseguire, da sentire, da capire e da immaginare. Violini che gridano aiuto mentre affogano con l’archetto che sfrega oltre il ponticello. Violoncelli diventati tamburi, viole costrette a fiorire, contrabbassi chiamati a suonare come violini.
Tant’è che il povero Carmine, di un metro e una bestemmia, cadde dal contrabbasso mentre cercava di raggiungere con la mano le note ai bordi della tastiera. Clarinetti che emettono suoni da interferenze radio, fagotti e oboi privati di ancia che soffiano a vuoto come in un copertone bucato e  flauti che frullano come tacchini in amore.
I percussionisti sommersi da grancasse, campane tubolari, lastre di metallo, martelli ed ogni sorta di batteria  sembrano commessi di un negozio di ferramenta.
Dopo tre giorni di prova, l’orchestra era allo sbando.
I violinisti soffiavano impazziti per cercare di eseguire i “flautati” ,  oboi e fagotti si imbottivano di pasticche di “Moment” per cercare di placare il  mal di testa a furia di soffiare nel vuoto.
I trombonisti avevano iniziato ad assumere “Viagra”, erano così spossati  nel cercare di emetter suoni “a tutta forza” che la coulisse non gli tirava più.
I cornisti, pieni di afte ulcerose a furia di suonare come trombe, avevano il labbro gonfio come cacciatori africani e le trombe avevano cominciato a mischiare alle infinite sordine che contornavano la loro postazione, bottigliette di Whisky e di grappa.
Il direttore, a furia di sbracciarsi per dirigere l’ingorgo di traffico a quell’incrocio maledetto, aveva dovuto fasciarsi la spalla destra e prendere dell“Aulin” come anti-infiammatorio.
La farmacia vicino al teatro faceva affari e quando il farmacista chiese cosa stava succedendo in orchestra gli risposero che il virus della musica contemporanea aveva intaccato l’intera orchestra.

 “Domani mando mio cognato” disse il primo fagotto
“Ma non è un ragioniere?”
“Si, ma per suonare senza ancia non c’è bisogno di essere un fagottista”
“Ma se il direttore se ne accorge?”
“Non schioda gli occhi dalla partitura, cosa vuoi che se ne accorga”
E il giorno seguente il ragioniere in ferie prese il posto del primo fagotto e guardando lo spartito fu l’unico, sino ad allora, a capire le suddivisioni di quel ritmo da ragioniere.
Alla prova generale arrivò il compositore.
Niente capelli lunghi spettinati, né foulard, né vestiti eccentrici.
Avrebbe potuto essere un commerciante, un commercialista, un impiegato.
Si sedette in terza fila con la partitura aperta, pronta per essere sfogliata.
L’orchestra iniziò e il compositore prese a sfogliare la partitura, ma dopo poche battute cominciò ad andare avanti e indietro tra le pagine per cercare di capire dove era finita l’orchestra.
Ad un certo punto andò a leggere la copertina per vedere se per caso non avesse sbagliato a prendere la partitura.
 No, era quella giusta.
Rinunciò a scovare dove si era ficcata l’orchestra tra le battute della partitura e chiusi gli occhi si mise ad ascoltare.
Dopo cinque secondi riaprì gli occhi.
Non riusciva a tenerli chiusi, un senso di nausea lo assaliva ogni volta che ci provava e si ripromise di passare nella farmacia che aveva visto vicino al teatro per comprare un “Maalox”
Alla fine dell’esecuzione il tanfo d’escremento  di cane che impregnava la sala prove gli fece pensare
“Che orchestra di merda!”
Il direttore si voltò verso di lui con l’aria di chi l’ha combinata grossa
“Beh, diciamo che non è proprio quello che avevo in mente” disse il compositore andando verso l’orchestra
“Si, anch’io non so mai che suono avrà la mia scoreggia prima di sentirla” sussurrò ai colleghi il secondo oboe
“Nella sezione centrale, quella seduta, ci vuole più intensità nei flautati dei violini” continuò l’autore
“Hai capito?” sussurrò il primo violini al compagno di leggio
“devi sederti e flautare con più intensità”
“Ma posso sporcarmi!”
“E’ un rischio che devi correre, ti pagano no!”
“Vai a cagare”
“Appunto”
“Comunque nel complesso non male” tagliò corto il compositore e se ne andò con la partitura fra le gambe.

La prima esecuzione era prevista in un teatro in periferia.
Quando le porte del pullman si aprirono un fiume d’orchestrali si diresse verso l’unico bar del paese.
Tra caffè, bianchini, cappuccini, toast, panini prosciutto cotto e formaggio, l’atmosfera era rilassata e gioviale, come una scampagnata tra amici.
Il teatro, datato anni cinquanta, sapeva di chiuso e di polvere. Quei pochi camerini avevano lo specchio con le luci che non funzionavano e l’unica toilette era proprio a ridosso del palco.
 Il concerto ebbe inizio con la sala semideserta.
L’accozzaglia di suoni che scaturì dall’orchestra fece svegliare il pubblico che preso alla sprovvista cominciò ad agitarsi.
“Ma stanno scherzando?” chiese il commendatore alla signora
“Ma ci stanno prendendo per il culo” disse l’ingegnere all’avvocato
“Non starò un minuto di più a sentire questo scempio” decise il signor Panizzola, proprietario della ditta “Panni e attaccapanni”
Con le mani giunte il parroco abbozzava un sorriso di compassione e intanto l’orchestra proseguiva come un furgone in salita, facendo sobbalzare i poveri ascoltatori.
Appostato nell’unico bagno a ridosso del palco, Carmine, il contrabbassista che non suonava per un dito fasciato a causa della caduta avuta alle prove, aspettava il momento giusto con grande concentrazione. Ancora qualche scossone ed ecco arrivare il momento tanto atteso.
L’unico momento di silenzio della composizione.
Aperta la porta del bagno tirò lo sciacquone e lo scroscio inondò il silenzio riempiendo la platea.
Uno scoppio di risa riempì il teatro.
“Fantastico!!” riuscì a balbettare tra gli spasmi il commendatore e preso dall’entusiasmo iniziò ad applaudire trascinando con sé tutto il pubblico, che piangendo dal ridere si alzò in piedi decretando cos’ì il successo di una composizione i cui intenti drammatici furono spazzati via dallo sciacquone di un cesso di teatro di periferia.