domenica 15 novembre 2020

A. Migliavacca MAZURKA VARIATA Michele Colombo Bassoon

Nelle campagne, fra le nebbie che si distendono sui campi, risuonano le campane vespertine della chiesa di San Giuseppe.

Augusto, il piccolo campanaro, aggrappato alle corde, sale e scende coi rintocchi che risuonano armoniosi. Sospeso nel silenzio, si lascia cadere dentro al suono che rimbomba nel suo cuore, facendolo scoppiare di gioia.

Come una nota, saltella in un invisibile pentagramma e se ne va lontano, spinto dall’entusiasmo sull’altalena della musica.

Nel silenzio uscirà al fresco della sera e poco importa se la nebbia avrà tirato le coperte sui campi, nascondendoli nel buio, perché lui, Augusto Migliavacca, nel buio ci vive da quando è nato e come tutti i ciechi sente cose che chi vede non sente.

Nato a Parma nel 1838, all’età di sette anni si trova fra le mani un violino, quattro corde dove far saltare le dita con lo scampanellio della gioia che risuona in tutto il corpo. Dentro la torre campanaria e seduto sui covoni di fieno, esplora l’universo tirato su quelle quattro corde. Si attacca al violino per camminare, con la luce della musica, lungo la distesa delle emozioni e va lontano il piccolo Augusto, così lontano che riesce a volare più in alto di quando era appeso alle corde delle campane.

Nato in una famiglia povera non vede l’arroganza e l’agiatezza e appena il suo violino incomincia a intonare la passione con l’abilità, inizia la sua carriera di violinista vagabondo. Parte per una tournèe fra le osterie e le cascine del Piemonte insieme ad uno stridulo suonatore di chitarra, una sorta di Lucignolo che oscurerà la sua bravura. Rientrato a Parma fonda il “Trio Migliavacca” insieme al violinista Giuseppe Ferrari ed al violoncellista Bartolomeo Marchesi, con i quali si aggirerà per le vie, le piazze e i cortili di Parma. Come un trio di banditi si affrontano, a suon di musica, con il trio di un certo Zinzani davanti alla popolazione, per ottenere la supremazia e la sopravvivenza nella città. Ne usciranno vincitori fra l’applauso della folla e le campane che suonano a festa.

Il Paganini dei suonatori ambulanti” lo definiscono, ma lui, a differenza di Niccolò, concede parecchi bis a poco prezzo, due, tre centesimi gettati nel piattino delle elemosine. Quando si ammala di pleurite, sulla “Gazzetta di Parma” lanciano una raccolta fondi per curarlo, come già fecero per comprargli un nuovo violino dopo che il suo si ruppe con un colpo di tosse.

L’ 11 maggio del 1901, avvolte da un’insolita nebbia, le campane della chiesa di San Giuseppe suonano a morto in un silenzio di fantasmi.

Augusto, aggrappato alla corda della musica, rimbalza nel cielo col rintocco dell’ultima campana. Da allora, quando le nebbie si diradano, il sole arriva cantando la sua brillante Mazurka.

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