martedì 18 maggio 2021

IL TESORO DI BULUK

 

C’era una volta, in un paese lontano, un tesoro tanto grande da non riuscire a portarlo via.
Il paese di cui parlo è così lontano che per arrivarci non bastava un anno.
In molti erano partiti per conquistare quel tesoro, ma pochi, pochissimi, erano riusciti ad arrivare.
Tutti si perdevano durante la strada.
Qualcuno sbagliava direzione, qualcuno si stancava e qualcun altro, durante il viaggio, incontrava il Mago Abbaglio.
Il Mago Abbaglio è molto potente, ti fa vedere cose che non ci sono, ti fa toccare cose che non esistono e, senza che te accorgi, ti rinchiude in una prigione trasparente. 
Buluk , un bambino dal nome turco che significa nuvola, sentendo un giorno parlare di un tesoro tanto grande da non riuscire a pesarlo, ne a misurarlo, decise di partire per quel paese così lontano che non bastavano dieci paia di scarpe per raggiungerlo.
Salutò la mamma e il papà e, con un fagotto in spalla, s’incamminò con passo deciso.
A vederlo sembrava un guerriero, pronto ad affrontare tutte le battaglie.
Camminò senza stancarsi, come una ruota che rotola in discesa, per tutto il giorno.
Continuò, con due ginocchia che dovevano essere di ferro, per un mese intero.
Dopo tre mesi le orme dei suoi passi avevano lasciato una scia tanto lunga che si vedeva dalla luna.
Un giorno tirava un altro, come ciliegie dell’albero della vita, e Buluk camminava, camminava come avesse un  motore al posto delle gambe.
Aveva ormai preso la rincorsa e rotolava anche in salita, come una palla lanciata dal campione del mondo.
Con lo sguardo puntato all’orizzonte non perdeva mai la strada e alla sera, prima di addormentarsi, attaccava con la punta di una stella la mappa del tesoro, per non farsela rubare.
I mesi passavano in fila, marciando senza pausa e Buluk li seguiva stando al passo.
Incontrò il Mago Abbaglio in un giorno d’estate, seduto su un’altalena.
“Dove stai andando?” gli chiese.
“Alla ricerca del tesoro” rispose Buluk.
“Non devi più cercare, il tesoro è qua” sorrise il mago.
Buluk si guardò intorno.
“Non vedo nulla” disse continuando ad osservare.
“Sali sull’altalena”.
Buluk salì e il mago lo spinse tanto forte che gli sembrò di volare.
“Che ne pensi?” gli chiese il mago.
“E’ bello, non c’è dubbio, ma si torna sempre al punto di partenza” rispose Buluk e salutato il mago riprese a camminare con lo sguardo fisso all’orizzonte.
Arrivò al paese del tesoro così stanco da non ricordare nemmeno il suo nome.
Non sentiva più i piedi ne le gambe e leggero come una nuvola si alzò in volo.
Da lassù vide il mondo tutto intero e scoprì di aver trovato il tesoro.
Emozionato da non poterne più, capì che lui era parte del tesoro.
Una pepita d’oro così preziosa da non essercene una uguale in tutti i mondi.
Sereno lasciò che Buluk, la nuvola, si disperdesse nel cielo, lasciando alle stelle il riflesso del tesoro che aveva conquistato, lasciando, attaccata alle stelle, la mappa del tesoro.
Quando tornò a casa i suoi genitori dovettero mettere gli occhiali da sole da  tanta era la luce che emanava il tesoro dentro al suo cuore.

Il paese di cui parlo è così lontano che per arrivarci non bastava un anno.
In molti erano partiti per conquistare quel tesoro, ma pochi, pochissimi, erano riusciti ad arrivare.
Tutti si perdevano durante la strada.
Qualcuno sbagliava direzione, qualcuno si stancava e qualcun altro, durante il viaggio, incontrava il Mago Abbaglio.
Il Mago Abbaglio è molto potente, ti fa vedere cose che non ci sono, ti fa toccare cose che non esistono e, senza che te accorgi, ti rinchiude in una prigione trasparente. 
Buluk , un bambino dal nome turco che significa nuvola, sentendo un giorno parlare di un tesoro tanto grande da non riuscire a pesarlo, ne a misurarlo, decise di partire per quel paese così lontano che non bastavano dieci paia di scarpe per raggiungerlo.
Salutò la mamma e il papà e, con un fagotto in spalla, s’incamminò con passo deciso.
A vederlo sembrava un guerriero, pronto ad affrontare tutte le battaglie.
Camminò senza stancarsi, come una ruota che rotola in discesa, per tutto il giorno.
Continuò, con due ginocchia che dovevano essere di ferro, per un mese intero.
Dopo tre mesi le orme dei suoi passi avevano lasciato una scia tanto lunga che si vedeva dalla luna.
Un giorno tirava un altro, come ciliegie dell’albero della vita, e Buluk camminava, camminava come avesse un  motore al posto delle gambe.
Aveva ormai preso la rincorsa e rotolava anche in salita, come una palla lanciata dal campione del mondo.
Con lo sguardo puntato all’orizzonte non perdeva mai la strada e alla sera, prima di addormentarsi, attaccava con la punta di una stella la mappa del tesoro, per non farsela rubare.
I mesi passavano in fila, marciando senza pausa e Buluk li seguiva stando al passo.
Incontrò il Mago Abbaglio in un giorno d’estate, seduto su un’altalena.
“Dove stai andando?” gli chiese.
“Alla ricerca del tesoro” rispose Buluk.
“Non devi più cercare, il tesoro è qua” sorrise il mago.
Buluk si guardò intorno.
“Non vedo nulla” disse continuando ad osservare.
“Sali sull’altalena”.
Buluk salì e il mago lo spinse tanto forte che gli sembrò di volare.
“Che ne pensi?” gli chiese il mago.
“E’ bello, non c’è dubbio, ma si torna sempre al punto di partenza” rispose Buluk e salutato il mago riprese a camminare con lo sguardo fisso all’orizzonte.
Arrivò al paese del tesoro così stanco da non ricordare nemmeno il suo nome.
Non sentiva più i piedi ne le gambe e leggero come una nuvola si alzò in volo.
Da lassù vide il mondo tutto intero e scoprì di aver trovato il tesoro.
Emozionato da non poterne più, capì che lui era parte del tesoro.
Una pepita d’oro così preziosa da non essercene una uguale in tutti i mondi.
Sereno lasciò che Buluk, la nuvola, si disperdesse nel cielo, lasciando alle stelle il riflesso del tesoro che aveva conquistato, lasciando, attaccata alle stelle, la mappa del tesoro.
Quando tornò a casa i suoi genitori dovettero mettere gli occhiali da sole da  tanta era la luce che emanava il tesoro dentro al suo cuore.



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