domenica 14 marzo 2021

Virginio Bianchi TRE STUDI per fagotto Michele Colombo Bassoon

Accompagnato dal suono che proveniva dalla sala prove al piano terreno, il piccolo Virginio andava ad ascoltare il papà che suonava il clarinetto nella banda di Cornigliano. Tenuto per mano dalla mamma camminava incontro al suo destino di musicista. Sollevato sino alla finestra si aggrappava alle inferriate, rimanendo incantato davanti al miracolo della musica che il papà e i suoi amici riuscivano a creare. Da quella finestra, che si affacciava sul mondo magico dei suoni, era difficile portarlo via.    Ogni sera, di ritorno dal lavoro, il papà gli impartiva lezioni di clarinetto piccolo in mi bemolle, perché quello in si bemolle era troppo grande per le sue mani. A sedici anni entra in Conservatorio a Genova nella classe di fagotto del maestro Carlo Cippitelli. Con la musica per mano attraversa gli anni della guerra. Nel dopoguerra, per guadagnarsi da vivere, suona ogni sera nei nightclub con il sassofono che ha imparato a suonare da solo e al mattino con suo il fagotto varca la soglia del conservatorio, pronto a fare le scale che lo porteranno ai piani alti della musica. Nel 1984 diventa secondo fagotto al Teatro Carlo Felice di Genova, poi dal 1950 al 58 ai Pomeriggi Musicali di Milano per poi entrare alla Rai di Milano come primo fagotto, ruolo che ricoprirà per 28 anni.

Il Maestro Virginio Bianchi l’ho conosciuto lì, nell’Orchestra Sinfonica della RAI di Milano quando, poco più di ventenne, facevo l’aggiunto. Ricordo il piccolo cornetto portafortuna che teneva appeso alla chiave del si bemolle basso del suo fagotto. Ricordo il suono caldo, dolce e potente, accompagnato dalla sua umiltà, gentilezza e nobile semplicità.                                                                                        Un giorno mi disse sorridendo: ”Michele, chissà quante mongolfiere ho gonfiato!”. Non so quante ne ha gonfiate, ma so per certo che volano ancora nel cielo della musica, trasportando i fagottisti di tutto il mondo che vogliono prendere il volo eseguendo i suoi bellissimi dodici studi. Volano con intere orchestre di fiati (come la Banda “G. Puccini” di Lomazzo che ha diretto con passione sino al 1998, anno della sua scomparsa) che, sotto “La Pioggia” di uno dei suoi poemi sinfonici, si librano oltre le inferriate che il piccolo Virginio è riuscito a spezzare con il suo talento, passione e amore per la musica. Non l’ho avuto come insegnante ma conosco alcuni dei suoi allievi: Emilio Pomarico, Mauro Monguzzi, Leonardo Dosso, Ferruccio Antoniolli, Nadia Orelio, Andrea Magnani, Anna Maria Barbaglia e, visti i grandi risultati, posso affermare sia stato anche un ottimo insegnante. Ho preso il suo posto come docente nella classe di fagotto alla Civica Scuola di Musica di Milano e spero di esserne, almeno in parte, degno successore.

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